Cronaca locale

Roma, la caserma dei vigli urbani dove i dipendenti si ammalano di tumore

Nella caserma dei vigili urbani del X Gruppo Mare di Ostia i casi di tumore sono in preoccupante aumento: almeno 25 dal 2014. Ma gli appelli dei dipendenti al Comune sono rimasti inascoltati

Roma, la caserma dei vigli urbani dove i dipendenti si ammalano di tumore

Negli uffici della caserma dei vigili urbani del X Gruppo Mare di Ostia l’aria è diventata pesante. E chi varca il cancello lo fa guardandosi le spalle da un nemico invisibile. Lo sa bene Sonia (nome di fantasia) che oggi ricorda con lo stesso terrore di allora il giorno in cui le è stato diagnosticato un tumore al seno: “È una cosa che ti cambia la vita”, ripete. Non è la sola (guarda il video).

Come lei ce ne sono a decine. Quasi tutte donne. Negli ultimi anni, infatti, nella palazzina di via Capo delle Armi le malattie oncologiche sono in preoccupante aumento: almeno 25 casi (20 donne e 5 uomini) dal 2014. Il picco massimo è stato registrato nel 2017, quando si ammalarono ben sette persone. È per questo che Andrea Venanzoni, sindacalista della Cisl Fp, non esita a parlare di “un’incidenza abnorme, molto più alta rispetto a quella che grava su tutto il Corpo di Polizia Locale di Roma Capitale”.

Le cause sono ancora avvolte da una nube di incertezza. Sinora, spiega Venanzoni, l’interlocuzione con le istituzioni non è stata facile e, nonostante gli appelli sindacali, si è proceduto in una sola direzione, quella dell’inquinamento elettromagnetico. Dubbio fugato dalle misurazioni effettuate a gennaio scorso dai tecnici dell’Arpa Lazio. I valori delle onde provenienti dalla vicina centralina Acea, dicono gli accertamenti, sono nella norma. “Lo screening scientifico – si lamenta il sindacalista – si è limitato all’elettromagnetismo, noi invece chiediamo che i fattori patogeni vengano investigati a trecentosessanta gradi. A maggio abbiamo scritto al Comune di Roma ma non ci ha neppure risposto”. La caserma, infatti, si trova in un comprensorio privato dove un tempo c’era un’enorme discarica abusiva di rifiuti speciali.

Eredità di un’occupazione che insisteva in quell’area negli anni Novanta e che, dopo gli sgomberi del 2000, è rimasta la mecca dello smaltimento illegale dei rifiuti del litorale romano. Tanto che nel 2002 il dirigente scolastico del plesso confinante scriveva allarmato al sindaco di Roma, chiedendo un intervento urgente perché “i rifiuti aumentano a vista d’occhio e rendono l’ambiente poco adatto alla presenza dei minori”. Si trattava di pneumatici, legname, lamierati, calcinacci, elettrodomestici di vario genere. In poche parole di “rifiuti speciali compromettenti la salubrità delle persone e dell’ambiente”. A metterlo nero su bianco è un’ordinanza dell’allora sindaco Walter Veltroni che intimava alla società proprietaria del terreno di ottemperare alla bonifica.

“Ciononostante – denuncia il dirigente regionale della Lega, Fabrizio Santori – nessuna verifica dell’inquinamento dei terreni né alcuna bonifica effettiva sarebbero state mai eseguite, ed è forte il dubbio di una connessione tra questi rifiuti sedimentati nel corso del tempo ed esposti agli agenti atmosferici e le neoplasie del personale di Polizia locale”. Se il legame tra l’incidenza di queste patologie e l’insalubrità del luogo di lavoro venisse accertato, il Campidoglio dovrebbe prepararsi a sborsare cifre milionarie. “Chiederò il risarcimento dei danni morali – dice Sonia – visto che la salute, quella, non possono restituirmela”.

Perché nessuno ha vigliato sulla bonifica? E perché la giunta dem di allora, nel 2004, ha comunque ritenuto quell’immobile privato idoneo ad accogliere i caschi bianchi? Un’operazione che tuttora costa alle casse comunali un affitto passivo di oltre un milione di euro annui. Perplessità contabili ed eventuali opacità procedurali che hanno portato alla stipula del contratto di locazione sono già finite sotto la lente d’ingradimento della Corte dei Conti, interessata della questione da un esposto della Cisl Fp.

Qualora venissero accertate, quelle della trasparenza e della spending review, sarebbero ragioni in più per chiedere a gran voce il trasferimento del comando.

Commenti