Salute

A cosa serve a mindfulness, i consigli dell’esperta

Scopriamo insieme alla psicoterapeuta e mindfulness teacher Nicoletta Cinotti perché la mindfulness è fonte di benessere

A cosa serve a mindfulness, i consigli dell’esperta

Negli ultimi vent’anni la mindfulness si è diffusa in molte aree di cura di disturbi fisici ed emotivi.

Oltre all’ambito medico e psicologico la mindfulness trova applicazione in tante altre aree d’azione come quella aziendale e famigliare nella gestione delle emozioni e delle interazioni con gli altri. Durante il periodo della pandemia questa forma di meditazione è incrementata a tal punto da diventare una costante mirante a ridimensionare l’ansia nei momenti più critici e difficili.

Che cos’è la mindfulness e perché si pratica

meditazione

Di questo tipo di meditazione e dei suoi benefici ci parla la Dott.ssa Nicoletta Cinotti, psicoterapeuta, mindfulness teacher e autrice di numerosi libri come Mindfulness ed Emozioni edito da Gribaudo.

Dott.ssa Cinotti cosa si intende per mindfulness?

Fa riferimento ad una pratica di consapevolezza e meditazione buddhista che ha origine millenaria e che negli anni Settanta Jon Kabat Zinn, brillante biologo molecolare, ha utilizzato all’interno di un protocollo medico mirante a ridurre lo stress. Grazie alla strutturazione di questo protocollo iniziò ad attuare una serie di valutazioni mediche e psicologiche volte a valutare l’efficacia del protocollo stesso ottenendo grandi risultati nella gestione dello stress e nel prevenire le ricadute di stati depressivi.

Quali sono i principali benefici del mindfulness?

Quando parliamo di benefici della mindfulness si fa riferimento a quelli ricavati dai soggetti che partecipano a determinati programmi mindfulness. Il protocollo ideato di Jon Kabat Zinn e il protocollo MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) venne utilizzato come medicina complementare partecipativa per pazienti che avevano diagnosi di disturbi cronici terminali resistenti ad altri trattamenti, quindi in pazienti molto motivati a trovare forme alternative di cura. Dopo la prima fase in cui si evinse che c’era un miglioramento sul piano dell’umore, sulla risposta immunitaria e sulla riduzione del dolore legato a determinate patologie croniche, Jon Kabat Zinn con l’aiuto di Richard J. Davidson cercò di considerare la possibilità che questo protocollo fosse efficace anche per quei soggetti che non presentavano specifiche patologie. La risposta fu subito positiva e sorprendente. Venne attuato uno studio pilota su degli impiegati di un’azienda di Madison.

Cosa venne scoperto in questo successivo studio?

La scoperta fu che grazie ad una serie di esami neurofisiologici si dimostrò che attraverso la partecipazione ad un programma mindfulness in solo otto settimane veniva modificava la prevalenza di risposta gli emisferi. Dobbiamo chiarire che la risposta dell’emisfero sinistro si accompagna ad una prevalenza di risposta tendente al pessimismo. Invece la predisposizione di risposta dell’emisfero destro si accompagna ad una tendenza all’ottimismo. All’inizio si pensava che questa tendenza di risposta fosse genetica e non modificabile. Invece dopo lo studio attuato sugli impiegati dell’azienda di Madison si dimostrò che grazie alla pratica della mindfulness aumentava la percentuale di persone che potevano ottenere una prevalenza di risposte dell’emisfero destro. Ciò comportava un miglioramento del tono dell’umore. Oggi abbiamo tanti programmi di mindfulness come quelli per la prevenzione della ricaduta della dipendenza da sostanze, il programma per la genitorialità, quello di self- compassion e quello interpersonale.

Come praticare la mindfulness

serenità

Con quale costanza bisognerebbe praticare la mindfulness?

Innanzitutto bisognerebbe praticarla. Bastano tre minuti al giorno per tre volte al giorno. Non sono pochi tre minuti se vengono dedicati alla meditazione ogni giorno. Io credo che sia più efficace una pratica breve ma continuativa nel tempo che una pratica lunga ma molto sporadica. Basta davvero lo spazio di respiro di tre minuti praticato tre volte al giorno e ogni volta che viviamo un’emozione negativa o difficile.

La mindfulness è per tutti?

Io credo che niente è per tutti. Lo vediamo quotidianamente dai farmaci all’abbigliamento. Ognuno di noi ha caratteristiche differenti. Ci sono delle condizioni di esclusione specifica. Ad esempio il protocollo MBSR non è indicato quando si è in una fase depressiva attiva ma è indicato in persone che sono nello spazio tra una ricaduta e l’altra e nemmeno in una fase attiva di consumo di una sostanza perché aumenta il desiderio della sostanza.

La pratica della mindfulness è incrementata nel periodo della pandemia. Secondo lei perché?

In quel periodo avevamo molto più tempo da impiegare e farlo con più consapevolezza e motivazione. Soprattutto si è preso più coscienza del ruolo attivo delle emozioni nella cura delle malattie. Durante la pandemia avevamo bisogno di qualcosa capace di contenere l’ansia.

Quale consiglio darebbe a chi inizia un percorso di mindfulness?

Il consiglio è di non aspettarsi miracoli. La mindfunlness è efficace quando si pratica con costanza e solo se accettiamo il fatto che la nostra mente si distrae facilmente. Fa parte della natura stessa della mente. La pratica non ci chiede di svuotare la mente dai pensieri ma di rimanere presenti senza lasciarci trasportare altrove dalle emozioni e dalle sensazioni fisiche.

Se noi siamo abbastanza pazienti e soprattutto gentili con noi stessi da non pretendere la concentrazione zen di un monaco che medita da quarant’anni, la pratica della mindfulness ci donerà grandi risultati.

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