Roma

Santa Caterina della Rosa, la lotta al dolore come missione

Affrontare e rendere più umano il dolore post-malattia si può. Prova ne è il presidio sanitario integrato Santa Caterina della Rosa, che nelle sue funzioni di centro chirurgico multidisciplinare e di terapia del dolore ogni giorno contribuisce per la sua parte a migliorare la qualità della vita dei pazienti. Rispondendo perfettamente ai dettami della nuova legge sulle cure palliative, approvata di recente dal Parlamento, che riconosce l’accesso alle terapie del dolore come un diritto per assicurare la dignità della persona e rende obbligatoria in cartella clinica la «scala di rilevazione del dolore», che va a costituire il quinto parametro vitale dopo frequenza cardiaca, pressione arteriosa, temperatura e diuresi. Al Santa Caterina, che ha sede in via Nicolò Forteguerri 4, al Prenestino, si trattano patologie ambulatoriali senza ricovero o che necessitano di ricovero ma senza pernottamento, il cosiddetto «day surgery». Il fiore all’occhiello del centro chirurgico multidisciplinare è il trattamento del dolore cronico di varia origine, oncologico e non oncologico, per cui sono messe in campo le terapie farmacologiche più moderne insieme alle tecniche mini-invasive più all’avanguardia.
Più di 2300 interventi chirurgici e 6mila prestazioni di chirurgia ambulatoriale l’anno tra patologie chirurgiche oculistiche, ortopediche, vascolari e urologiche, ernie, varici, neoplasie dei tessuti molli e cisti: questi i numeri che hanno fatto del Santa Caterina della Rosa uno dei pionieri della cura del dolore. «Siamo il primo presidio pubblico multifunzionale territoriale operativo nel Lazio, in grado di rispondere alle richieste di trattamento del dolore in pazienti affetti da malattie croniche e tumori - spiega Laura Bertini, responsabile del centro -. È in fase di realizzazione una rete con i medici di famiglia, volta ad organizzare dei corsi terapeutici ad hoc, per migliorare il trattamento del dolore che, in una città come Roma, rappresenta ancora un grande problema». Le criticità coinvolgono sia il difficile accesso alle cure che i trattamenti inappropriati o efficaci ma non riconosciuti e comportano una serie di costi sociali, lavorativi e di sistema. Che la questione sia «scottante» e sentita dai pazienti, lo indicano le statistiche di coloro che si rivolgono, nel corso della terza età, alle strutture sanitarie: il 73 per cento al medico di famiglia, il 20 a più di cinque specialisti, il 17 all’ortopedico, il 9 al reumatologo, il 6 al neurologo e il 5 allo specialista in terapia del dolore e al chiropratico. Per superare il dolore non serve, però, solo compassione. Ma strutture ad hoc e soprattutto una rete di centri che garantisca continuità e qualità di trattamento.

In attesa che la Regione Lazio sviluppi un modello di organizzazione a livello regionale, il Santa Caterina cerca di fare fino in fondo il suo dovere, raccordando patologie dolorose provenienti da ospedali e ambulatori distrettuali, occupandosi di malattie croniche e oncologiche anche di alta complessità e utilizzando i letti di ricovero del day surgery per le prestazioni più complesse e invasive.

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