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Da scienziato dico: ascoltiamo Benedetto XVI

Oggi il Pontefice è il massimo custode della grande alleanza tra fede e scienza. Il Santo Padre ha posto la ragione al centro della cultura. Galileo considerava la natura e la Bibbia due libri scritti dallo stesso Autore. E chiamava "impronte del Creatore" le prime leggi fondamentali da lui scoperte

Da scienziato dico: ascoltiamo Benedetto XVI

Il Santo Padre ha posto la Ragione al centro dell'attenzione nella cultura del nostro tempo. Siamo infatti l'unica forma di materia vivente cui è stato dato il privilegio di essere dotata di Ragione. È grazie al dono della Ragione che la forma di materia vivente cui noi apparteniamo ha potuto scoprire il Linguaggio, la Logica e la Scienza. Esistono centinaia di migliaia di forme di materia vivente, vegetale ed animale. Nessuna di esse ha però saputo scoprire la Memoria Collettiva Permanente - meglio nota come linguaggio scritto - né le forme rigorose di Logica com'è ad esempio la Matematica, né la Scienza che, tra tutte le logiche possibili, è quella che ha scelto il Creatore per fare l'Universo, inclusi noi stessi. Senza Ragione non avremmo potuto scoprire la Scienza. Questa straordinaria avventura intellettuale inizia, appena 400 anni fa, con Galileo Galilei che chiamava «Impronte del Creatore» le prime Leggi Fondamentali della Natura da lui scoperte. Queste Impronte potevano anche non esistere. E invece Galilei era convinto che dovevano essere presenti addirittura nella materia «volgare». Per atto di Fede nel Creatore, Galilei iniziò a cercare quelle Impronte studiando le pietre, da tutti considerate esempi di materia che non avrebbe potuto essere depositaria di verità fondamentali. Ecco il significato del «volgare». Basti un esempio: per l'antica cultura cinese le verità fondamentali erano depositate nelle stelle. E così per tante altre culture. Galilei pensava invece che, essendo ogni cosa opera dello stesso Creatore, le impronte dovevano essere dappertutto: nelle stelle e nelle pietre.
Benedetto XVI il 6 aprile 2006, rispondendo a una domanda di un giovane che partecipava in piazza San Pietro a un incontro in preparazione della Giornata Mondiale della Gioventù, rispose dicendo che il grande Galileo Galilei considerava la Natura e la Bibbia due libri scritti dallo stesso autore. Il libro della Natura in lingua matematica in quanto per costruire l'Universo è necessario il rigore della matematica; la Bibbia, essendo la parola di Dio, doveva essere scritta in linguaggio semplice, accessibile a tutti, come debbono essere i valori della nostra esistenza che è simbiosi di sfera immanentistica e di sfera trascendentale.
La Scienza, ha ricordato Benedetto XVI, nasce da quell'atto galileiano di umiltà intellettuale: Colui che ha fatto il mondo è più intelligente di tutti noi, filosofi, poeti, artisti, matematici, nessuno escluso. Se vogliamo conoscere quale logica abbia scelto il Creatore per fare il mondo c'è una sola strada: porgli domande in modo rigoroso. È questo il significato di «esperimento di stampo galileiano». Nasce così la Scienza Galileiana che esige rigore e riproducibilità.
Se nel 1965 avessi potuto con carta e penna, usando solo il rigore della matematica, dimostrare l'esistenza dell'antimateria nucleare, non avrei avuto bisogno di fare un esperimento estremamente difficile e che esigeva l'invenzione di uno speciale circuito elettronico per misurare i tempi di volo delle particelle subnucleari con precisioni mai prima realizzate: frazioni di miliardesimi di secondo. Per fare una scoperta scientifica è necessario arrendersi alla superiorità intellettuale del Creatore di tutte le cose visibili e invisibili, realizzando un esperimento. Ho citato l'esempio dell'antimateria nucleare. Potrei citare altri esempi. Ciascuna scoperta è sempre venuta dopo un esperimento che ha richiesto almeno un'invenzione tecnologica, come ad esempio quella del più potente rivelatore di neutroni per scoprire una formidabile proprietà dell'Universo subnucleare: l'enorme divario esistente tra le miscele mesoniche vettoriali e quelle pseudoscalari.
Se bastasse il rigore logico-matematico per capire com'è fatto l'Universo Subnucleare, non avremmo bisogno di costruire strutture complesse e gigantesche com'è la nuova macchina che entrerà in funzione entro la fine di quest'anno al Cern di Ginevra: una pista magnetica lunga 27 km con enormi quantità di rivelatori mai prima da nessuno realizzati per riuscire ad avere una risposta alla domanda: com'era l'Universo un decimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang? Se non fosse per l'atto di umiltà intellettuale del padre della Scienza moderna, saremmo rimasti fermi, chissà per quanti secoli ancora, a ciò che pensavano i nostri antenati: basta essere intelligenti per capire com'è fatto il mondo.
Nel corso di diecimila anni, dall'alba della civiltà al Sedicesimo secolo, tutte le culture si erano illuse di sapere decifrare il Libro della Natura senza mai porre una sola domanda al suo Autore. Ecco perché a nessuna cultura era toccato il privilegio di scoprire una Legge Fondamentale della Natura.
Se oggi la Scienza è arrivata alla soglia del Supermondo, lo dobbiamo a quell'atto di Fede e di umiltà intellettuale, maturato nel cuore della cultura Cattolica con Galileo Galilei, che Giovanni Paolo II, il 30 marzo 1979, in Vaticano, presenti i rappresentanti dei fisici di tutta Europa, definì figlio legittimo e prediletto della Chiesa Cattolica. Giovanni Paolo II riportò a casa i tesori della Scienza Galileiana e Benedetto XVI di questo tesori è oggi il massimo custode nella continuità culturale del suo Apostolato con quello di Giovanni Paolo II che, spalancando le porte della Chiesa Cattolica alla Scienza Galileiana, dette vita alla grande alleanza tra Fede e Scienza.
Di questa Alleanza è prova la frase «Scienza e Fede sono entrambe doni di Dio», incisa su ferro ed esposta agli scienziati di tutto il mondo al Centro di Cultura Scientifica Ettore Majorana a Erice. La cultura del nostro tempo è detta moderna, ma in effetti è pre-aristotelica. Infatti né la Logica Rigorosa né la Scienza sono ancora entrate nel cuore di questa cultura che - come ha scritto Benedetto XVI nel suo discorso alla Sapienza - «costringe la Ragione ad essere sorda al grande messaggio che viene dalla Fede Cristiana e dalla sua sapienza. Così facendo questa cultura agisce in modo da non permettere più alle radici della Ragione di raggiungere le sorgenti che ne alimentano la linfa vitale».
Nella Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Roma c'è un'altra famosa frase di Giovanni Paolo II: «La Scienza ha radici nell'Immanente ma porta l'uomo verso il Trascendente». È la sintesi più bella di ciò che dice Benedetto XVI.


Negare a Benedetto XVI il diritto di portare ai giovani il messaggio della grande alleanza tra Fede e Scienza è atto di oscurantismo, non di laicità.

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