Cronache

Se ne va Dulbecco Il premio Nobel che salì sul palco di Sanremo

Avrebbe compiuto 98 anni domani. È morto in America dove viveva da tempo. Fu premiato per la lotta ai tumori

Se ne va Dulbecco Il premio Nobel che salì sul palco di Sanremo

Alla fine, rischiamo di ricordarcelo come lo scienziato che scoprì il palco del teatro Ariston di Sanremo.
Perché, anche a distanza di tredici anni, del Festival 1999 non ricordiamo le domande impertinenti di Fabio Fazio (e, questo, sarebbe impossibile perché notoriamente il fatto non sussiste); non le scollature abissali di Letitia Casta, che però erano meritevoli di ricordo; e nemmeno la presenza sul palco di Michail Gorbaciov, che pure, prima di trasformarsi in madonna pellegrina a pagamento, un po’ caricatura di se stesso, aveva significato qualcosa per la storia del mondo.

Ma, al di là di tutto questo, la rivoluzione sanremese di quell’anno fu Renato Dulbecco, premio Nobel per la Medicina nel 1975, nelle vesti di presentatore. Vesti impeccabili, peraltro: panciotto elegantissimo, smoking di ordinanza, papillon perfetto. E, con la stessa naturalezza con cui indossava questi vestiti, il prof tirò fuori dal suo guardaroba dialettico una straordinaria ironia, resa ancor più gradevole dalla parlata da italo-americano, talmente marcata da essere ancor più vera. Il tutto condito con il ballo insieme a Letitia vestita di rosso, che lo baciò lasciandogli il rossetto in viso, e con la citazione di Galileo con cui il prof si presentò sul palco: «Sono venuto qui per fare esperienze». A rendere il tutto ancor più riuscito fu infine la scelta di Dulbecco di destinare i compensi alla fondazione che aiutava il rientro dei cervelli in Italia.

Eppure, per l’appunto, la scoperta fondamentale della storia scientifica di Dulbecco non è stata quella del teatro Ariston. Anche se la presenza a Sanremo rende molto l’idea di questo professore un po’ Archimede Pitagorico e un po’ Eta Beta, sempre animato dalla curiosità e dalla passione per la vita e la scienza che l’ha accompagnato fino ai 98 anni che avrebbe compiuto domani. Passione che ha fatto da corollario a una vita avventurosa e ricca di spostamenti fin dalla tenera età al seguito del papà, funzionario del Genio Civile. Fra gli spostamenti, decisivo fu quello a Porto Maurizio, piccolo borgo ligure che Mussolini non aveva ancora fuso con Oneglia nel nuovo comune di Imperia; proprio a due passi da Sanremo, quasi ad anticipare anche geograficamente le serate dell’Ariston. E poi, la guerra, il fronte francese, quello russo sul Don e l’impegno in un ospedale militare, la Resistenza e l’impegno nel Cln torinese e nella prima giunta popolare dopo il 25 aprile.

Poi, quasi come nella sceneggiatura di una fiction (che non mancherà), nel 1947 la decisione di trasferirsi al di là dell’oceano per raggiungere il suo amico e compagno di studi Salvador Luria. Sul ponte della nave diretta a Ellis Island, Dulbecco incontrò Rita Levi Montalcini, altra sua compagna di studi: «Ma non lo sapevo, fu una sorpresa assoluta - raccontò - Facevamo lunghe passeggiate sul ponte parlando del futuro, delle cose che volevamo fare: lei mi raccontava delle sue idee sullo sviluppo embrionale e io parlavo delle cellule in vitro per fare un mucchio di cose in fisiologia e medicina».

Da quel viaggio, proprio come Archimede, Dulbecco si lanciò in una serie di studi e scoperte scientifiche: dallo studio del virus responsabile dell’Herpes zoster, cioè il fuoco di Sant’Antonio, a quello sul mutante del virus della poliomelite, che aiutò Albert Sabin per il vaccino. E poi, soprattutto, la scoperta della vita: Dulbecco intuì per primo - ribaltando tutte le idee scientifiche prevalenti fino ad allora - che alcune forme di tumore avevano origine da difetti genetici nel Dna. E lo studio sui «virus oncogeni» che riuscivano a trasformare una cellula sana in una cellula tumorale, fu quello che lo portò al Nobel del 1975.

Su, su fino all’ultimo sogno, il «Progetto Genoma» per identificare tutti i geni delle cellule umane e il loro ruolo, per comprendere e combattere ancor di più lo sviluppo del cancro, la battaglia della sua vita. Ma la mappatura completa del Dna si arenò nel 1995 di fronte alla scarsità di fondi pubblici e alla sospensione del programma da parte del Cnr. Quella delusione fu anche la causa del nuovo, definitivo, viaggio in America, amareggiato dall’Italia. Così, il giorno che Fabio Fazio gli chiese a tradimento se voleva presentare il Festival, Dulbecco sorrise: «Devo consultare la mia agenda».

E, un secondo dopo: «Ok, credo di essere libero quella settimana».

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