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Se il populismo passa anche dal mobilio

di Enrico Michetti*

E ravamo la quinta potenza industriale del mondo quando i ministri dal budget illimitato, appena nominati, rinnovavano arredi e suppellettili dei propri uffici, un po' perché era prassi e un po' perché occorreva lasciare il segno.

L'opulenza non era becera ostentazione, ma il potere che prendeva forma. Il valore di un politico si misurava anche dagli arredi della propria stanza, un luogo che il ricevente udienza doveva poter raccontare estasiato. Pochi erano in grado di scorgere il valore di una buona legge, mentre tutti potevano ammirare un'accoglienza regale. Non esisteva ancora lo spoils system, gli apparati restavano eterni.

All'interno dei dicasteri vi era sempre una parte plebea composta da arredi modesti e stantii dove alloggiavano uscieri e portieri. I lunghi corridoi che si incontravano, non appena saliti i primi piani, al netto degli adeguamenti per la sicurezza, sono per lo più gli stessi ancora oggi. L'atmosfera cambiava ai piani alti. La plastica diventava legno, il pavimento mutava in parquet e le segretarie accoglievano affabilmente gli ospiti in salotti muniti di comodi divani. Un buon caffè aiutava ad ingannare l'attesa, e - quando la porta finalmente si apriva- gli arredi maestosi costituivano un degno crescendo rossiniano. «Beh, cosa vuoi - mi diceva un ministro recentemente -. Qui negli ultimi vent'anni ne son passati di riformatori! Ambientalisti, ex comunisti spesso quasi a disagio dinanzi a quello che consideravano un eccessivo sfarzo».

Cambiano i tempi, i partiti politici, le mode e degli arredi sembra che non interessi più nulla a nessuno. Il nuovo che avanza propone locali spogli e disadorni, un'accoglienza minimale. Biglietto di seconda classe per viaggiare. Persino la cravatta è considerata un fastidioso orpello. D'altro canto, un'ostentata povertà culturale, esperienziale, di competenza, di capacità, oggi è sinonimo di onestà. Il gusto, il prestigio e la raffinatezza, ad iniziare da quella intellettuale, nello Stato moderno rappresentano un lusso, proprio come gli arredi di un tempo. Viceversa non è mai cambiata l'attenzione alle buone norme: contava poco o nulla un tempo ed ancor meno oggi. A tenere banco ci sono i sondaggi, il nuovo strumento di democrazia diretta, in grado di indirizzare ogni iniziativa politica. Internet, poi, ha fatto il resto. Gli arredi rappresentano quindi vestigia inutili in ambienti ormai scarsamente visitati. Chissà se gli attuali «artefici del cambiamento» si sono accorti che tra le suppellettili di Stato c'è anche il 50% del patrimonio artistico mondiale?

*Presidente fondazione Gazzetta amministrativa

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