Serialità

Torna in tv il principe di Bel Air: ma il remake non è quello che sembra

Debutta in Italia su Sky e Now la seconda stagione di Bel Air. Il remake moderno della celebre commedia con Will Smith convince nonostante i suoi temi (estremamente) drammatici

Torna in tv il principe di Bel Air: ma il remake non è quello che sembra
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In quell’universo sconfinato che sono le serie tv americane è impossibile (o quasi) riuscire a navigare a vista in un mondo in cui l’offerta supera la domanda. Tra canali "live", a pagamento o in streaming c’è una tale confusione che è una vera impresta star dietro a tutte le novità. Succede, infatti, che tante (forse anche troppe) serie tv passano inosservate a discapito di altre, impedendo a quelle che valgono di emergere in un contesto troppo affollato per i tempi che corrono. Ad esempio, in Italia sono in pochi a conoscere Bel Air. In onda negli States da due stagioni sul canale online di Peacock (di proprietà della NBC), la serie è disponibile nel nostro paese su Sky e in streaming su-Now, dove di recente, sono stati caricati tutti e dieci gli episodi che compongono il secondo arco narrativo. Passata in sordina sia tra i magazine specializzati che sui social, dove pochi sono i trend di discussione, la serie merita tutto il nostro appoggio perché, al netto delle aspettative, è l’unica che è stata capace di disegnare i contorni (oscuri e poco chiari) della generazione contemporanea.

Particolarità da non trascurare dato che, nel panorama seriale a stelle e strisce, sono rari gli show per il piccolo schermo tali da poter essere un racconto aderente alla realtà che viviamo. Ma, c’è un motivo perché dai più la serie è stata bistrattata. Bel Air è una serie originale ma è a tutti gli effetti un reboot dell’omonima sit-com che negli anni ’90 ha lanciato Will Smith nel firmamento delle star. Nella nuova versione la serie perde la sua comicità e acquista un alone drama intra-generazionale che colpisce nel segno. La serie funziona, cosa assai rara per un prodotto del genere, e convince proprio perché ha cambiato i suoi connotati ma non la sua anima. Tanto è vero che in America si parla già di una terza stagione.

Lo “svitato” di Bel Air non esiste più

Come già puntualizzato, la serie vive grazie alla celebre comedy degli anni ’90. Non è il primo esperimento che è nato grazie alla "febbre dei remake" (e non sarà certamente l’ultimo), ma se altre serie cult che sono tornate in tv con una nuova veste hanno stravolto l’essenza originale, Bel Air resta fedele a se stessa e alla storia che ha raccontato. Infatti, come si nota fin dalle prime battute del pilot (e dai restanti episodi), lo show propone lo stesso canovaccio senza perdere la sua identità: ovvero raccontare il passaggio verso l’età adulta di un giovane ragazzo di colore. E chi ha visto la serie originale sa a cosa il protagonista va incontro. Will è una giovane promessa del basket, cresciuto in un sobborgo di Philadelphia, che a un certo punto della sua vita si trova invischiato in una "guerra" tra gang e piccoli criminali. Per proteggerlo, la madre di Will crede che fa crescere il figlio più lontano possibile da Philadelphia sia l’unica scelta possibile, e per questo chiede l’aiuto di Vivian. La donna, sorella della madre di Will, ha sposato un avvocato e ora vive a Bel Air, ricco quartiere di Los Angeles. Dalla sera alla mattina, il ragazzo viene spedito in California, e qui si scontrerà con un mondo molto diverso da quello da cui proviene e, per cercare di sopravvivare in una realtà opulenta ma piena di insidie, deve trovare il modo di integrarsi.

Un esperimento che convince

Di sicuro non stiamo parlando di un capolavoro. Bel Air nasce come teen-drama e, chi ha già avuto modo di vedere dei progetti simili, è ben consapevole di cosa ha di fronte. La serie, infatti, conserva tutti i classici clichè del genere senza mai andare oltre i suoi orizzonti, ma proprio per questo motivo l’esperimento in sé risulta convincente. Lo è nel ritmo, che è sempre dinamico e coinvolgente; lo è nell’intreccio narrativo che parte da una trama molto basica per ampliare poi il suo raggio di azione; lo è anche nella scelta dei personaggi – sia i primari che i co-protagonisti – capaci di essere speculari a quelli che sono apparsi nella serie classica ma, allo stesso tempo, capacidi raccontare su di loro qualcosa di nuovo; ed è convincente anche nello sguardo cheBel Air regala al mondo degli adolescenti. E, oltre a evidenziare quanto sia difficile essere un ragazzino in un mondo che chiede sempre di più, la serie apre anche una parentesi sul mondo degli adulti e sull’alta società della California con i suoi problemi e i riti di passaggio. Un quadro funzionale. Un puzzle di idee che ha ragione di esistere.

Uno sguardo alla nostra contemporaneità

Prima avevamo conosciuto un Will dai caratteri molti diversi dal Will di Bel Air. In passato era un ragazzo dalla battuta sempre pronta, impulsivo e poco maturo. Qui, invece, si decide di mostrare un personaggio totalmente diverso. Non è caricaturale, è cosciente di avere a disposizione di una seconda possibilità e di poter scrivere – con le proprie mani – il suo futuro. Trasformare una commedia in un drama non è un’impresa facile ma Bel Air vince una sfida che si credeva persa in partenza, perché, oltre a raccontare la crescita del giovane Will, regala una fotografia fresca e disinibita (ma per nulla volgare) dei tempi che stiamo vivendo. Evidenziando tutto il bello ma anche le contradizioni della società attuale. E lo fa senza falsi perbenismi, aiutato da una scrittura d’impatto e molto coinvolgente.

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Ma prima c’era il Principe di Bel Air

Celebre in tutto il mondo per la sua ironia spicciola, Willy, il principe di Bel Air è stata la sit-com (all’epoca si chiamavano così) che ha consacrato Will Smith come attore, prima ancora dei ruoli drammatici e della popolarità. Il primo episodio risale al settembre del 1990 e subito è diventato un grande successo di pubblico. Tanto è vero che lo show è andato avanti per sei stagioni fino al maggio del 1996. In Italia il fenomeno è stato di rilievo ed è imploso in piena frenesia da serie statunitensi. È Italia Uno che ha trasmesso gli episodi, ma dal 1993, diventando poi in poco tempo un punto fermo per i nostri canali, racimolando un consenso dopo l’altro anche in replica. Attualmente, la serie è su Warner Tv. La sigla è stata scritta ed eseguita dallo stesso Smith. Della versione italiana esistono due versioni. La prima in cui il protagonista canta "Willy il nero, lo svitato di Bel-Air" e un'altra in cui si esprime come "Il principe Willy, lo svitato di Bel-Air".

La sit-com che diventa un drama

La nuova serie cambia nei toni, che diventano drammatici e – a volte – anche un po' dark, ma non differisce poi così tanto dal progetto iniziale. La storia è la stessa, ma la premessa viene narrata senza quell’ironia sciocca ma efficace del cult anni ’90. Il “nostro” Will, infatti, pur trovandosi catapultato a Bel Air dalla zia Vivian, tutti gli aspetti del plot vengono attualizzati e raccontati con più realismo. Dallo zio Phil, che è un avvocato che corre per la carica di procuratore distrettuale, fino alle storie personali dei cugini Carlton, Hillary e Ashely. E c’è anche l’amato Jazz, che nella nuova versione è un tassista che diventa il primo vero amico di Will. Convince questo nuovo assetto. Proprio la storia dello zio Phil, ad esempio, aggiunge alla storia aspetti politici e di tensione professionale che nell’originale non c’erano.

Il progetto nato grazie a un trailer su Youtube

Oggi la "nuova" serie di Bel Air è un piccolo fenomeno della rete. È prodotta dallo stesso Will Smith ed è creato da Morgan Cooper. Prima di approdare in tv, però, c’è un retroscena che in pochi conoscono. Non nasce come una riunione per sfruttare un brand già conosciuto, bensì da un video su Youtube. Il 10 marzo 2019 Morgan Cooper, autore di cortometraggi, ha caricato su internet il finto trailer di una serie - che non esisteva - e che si chiamava per l’appunto Bel Air e che voleva essere una sorta di parodia drammatica della famosissima sit-com. Un gioco che è diventato virale.

Will Smith ha visto il video e ha deciso di battersi per trasformare il cortometraggio in una serie tv vera e propria.

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