Politica

«Seviziò e uccise la piccola Maria» Ergastolo per Giorni

L’imprenditore edile dovrà passare il resto dei suoi giorni in carcere. La bambina aveva solo due anni e sette mesi. Il padre: «Non parlatemi di perdono»

Clero Bertoldi

da Perugia

Ergastolo. L'imprenditore di Sansepolcro, Giorgio Giorni, 33 anni appena compiuti, dovrà passare il resto della sua vita in cella. La sentenza è stata letta in tre minuti dal gup Claudia Matteini. «Di fronte ad un verdetto di questo tipo non ci sono commenti da fare - ha scandito le parole l’avvocato Giancarlo Viti, che difende l'imputato - se non preannunciare il ricorso in appello». La difesa aveva chiesto di derubricare l'omicidio volontario e la violenza sessuale in un omicidio preterintenzionale: Giorni, per i legali, avrebbe ucciso la piccola Maria Geusa, due anni e sette mesi, in un momento di rabbia, perché faceva le bizze. Questa impostazione, non è stata accolta.
L’imprenditore, per il giudice come per l’accusa, è un pedofilo e un assassino. Lui, Giorgio Giorni, la sentenza, se non l’avrà prima da radio-carcere, la saprà questa mattina, quando i suoi avvocati andranno a colloquio.
Il gup ha sposato in pieno la tesi avanzata dai pubblici ministeri Giuseppe Petrazzini e Andrea Claudiani: la piccola Maria Geusa, due anni e sette mesi, è stata uccisa non solo a calci e a pugni, come lo stesso imprenditore aveva confessato, ma è stata anche vittima di una violenza sessuale. Ecco perché, nonostante il rito abbreviato (che comporta la riduzione della pena), nel gioco delle aggravanti e delle attenuanti, è rimasto comunque l'ergastolo. «È la sentenza che ci aspettavamo», ha commentato l'avvocato Maria Cristiani Ciace, che tutela gli interessi di Telefono Arcobaleno. E l’avvocato Sandro Coccioli, parte civile per i nonni paterni ha aggiunto: «Lo scempio che è stato fatto sul corpicino di Maria non poteva produrre altro verdetto che non l'ergastolo». Nella piccola aula sono rimasti i coniugi Geusa, Massimo e Tiziana. «Siamo soddisfatti - hanno detto uno dopo l’altro.
Quando qualcuno ha chiesto a Tiziana Deserto - che deve ancora definire la sua posizione: è accusata di concorso nell'omicidio, nelle violenze sessuali e anche di maltrattamenti - se perdonava l’assassino, lei prima ha risposto, dura: «Ma come si può perdonare chi ti ha ucciso la figlia?». Poi è scoppiata in singhiozzi. «Talvolta mi sveglio e penso che lei sia viva, che tutto quello che è successo sia tutto un brutto sogno...».
Uno dei suoi legali, l'avvocato Michela Magi, la prende sottobraccio e l'accompagna fuori dell'aula. Massimo Geusa, poco lontano, parla di Giorni, dell'uomo che ha tradito la sua fiducia. «Mostrava di essermi amico. Diceva di portarmi sul palmo della mano (Massimo, che fa il piastrellista, era dipendente della ditta edile del Giorni, ndr) e invece ha distrutto la cosa più importante che avevo al mondo: la mia bambina. No, non lo posso perdonare. Forse, se lo avesse fatto prima. Se fosse stato sincero e mi avesse chiesto scusa per quello che aveva fatto, spiegando che non voleva uccidere... Ma ora no. Ora, poi, che ho saputo delle violenze consumate su Maria. Sì, ora ci credo. Ma non credo, assolutamente, che mia moglie, in questa vicenda, c'entri. Io so quanto abbiamo sofferto e quello che abbiamo dovuto sopportare per avere la bambina....».
Tiziana Deserto si è avvicinata ed ha aggiunto: «Quello che ha detto l'accusa nella requisitoria, è tutto falso. Io volevo e voglio ancora bene alla mia bambina. Prego per lei e so che lei da lassù mi protegge».

Nelle prossime ore, Tiziana Geusa, conoscerà il suo destino: forse l'aspetta la corte d'assise.

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