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La sfida-bluff di Casini: "Facciamo fuori la Lega"

Il leader Udc: "Non sopportiamo più i diktat del Carroccio. Una nuova maggioranza parlamentare si trova in 10 minuti". Alle regionali "no ad alleanze nazionali con Pd o Pdl, decideremo caso per caso"

La sfida-bluff di Casini: "Facciamo fuori la Lega"

Chianciano Terme (Siena) - Grande centro, ma non subito. Per fare dell’Udc la «forza trainante» della nuova stagione politica, serve tempo. Ma se qualcuno - ad esempio Umberto Bossi - si è messo in testa di andare a elezioni, non c’è problema: «Facciamole». E comunque il Carroccio stia attento perché se esagera una nuova maggioranza parlamentare «si trova in dieci minuti». Dopo le visite di Francesco Rutelli e Gianfranco Fini, gran finale agli stati generali dell’Udc. Pier Ferdinando Casini ha parlato un’ora e mezzo per attaccare tutti quelli che non sono organici ai progetti centristi. Silvio Berlusconi in primo luogo, ma anche Dario Franceschini e poi la Lega Nord.

Al Carroccio, bersaglio preferito della tre giorni di Chianciano Terme, il leader dell’Udc ha dedicato i passaggi più forti. «Non sopportiamo i diktat della Lega. Bossi deve avere qualcuno che gli dica basta e se non glielo dice Berlusconi, una maggioranza in Parlamento la si può trovare in dieci minuti e così possiamo porre fine ai diktat della Lega».

I motivi di attrito con il Carroccio sono tanti, dall’immigrazione all’economia al Sud. Ma il timore dei centristi è legato alle minacce di elezioni anticipate, che non gli lascerebbero il tempo necessario alla costruzione del nuovo partito. «Magari ci fossero le elezioni anticipate, ma non ci saranno. Siamo in corsa sapendo che per la fine della legislatura avremo un partito nuovo. Dobbiamo stare calmi, volare alto», ha spiegato Casini ai suoi.

Il pericolo non si cela solo dietro i «diktat» bossiani. Arrivano anche dall’interno dell’Unione di centro. Dal «partito degli assessori», disposto a schierarsi subito con uno dei due poli in cambio di poltrone. «Non importa se al termine delle elezioni avremo un presidente o quatto assessori in più, a me interessa che quando questo Parlamento si scioglierà nasca la forza trainante del Paese», ha spiegato a chi in questi giorni aveva «storto il naso», di fronte all’intenzione del partito di mantenere ancora le mani libere.

La partita interna al partito è quelle delle prossime elezioni regionali. Alla fine è passata una soluzione che non è esattamente il «da soli ovunque» che aveva proposto Rocco Buttiglione, ma nemmeno un cedimento a chi vorrebbe stringere da subito un’intesa con il centrodestra o il centrosinistra. «No ad alleanze nazionali con il Pd e il Pdl, sì ad intese a livello locale», ha spiegato Casini. «Siamo ad un bivio drammatico, o stiamo con il partito degli assessori oppure guardiamo alla nostra prospettiva politica».

Per capire con chi si accompagnerà l’Udc a livello nazionale, insomma, bisognerà aspettare ancora un po’. Probabilmente fino al 2013, anche perché la convinzione che in questi giorni circolava a Chianciano è che nonostante i tentativi nessuno riuscirà a disarcionare Berlusconi. «Non facciamoci illusioni. E poi le elezioni anticipate non convengono a nessuno», ha commentato Buttiglione. Certo, non convengono all’Udc che vorrebbe raccogliere qualcosa in più rispetto ai movimenti che daranno luogo alla nuova Unione di centro. E nemmeno al premier che magari raccoglierebbe qualche voto in più, ma «darebbe un segnale di debolezza», spiega Buttiglione. Figuriamoci alla sinistra, alle prese con un congresso.
Casini confessa candidamente che nel suo discorso non aveva nemmeno previsto un passaggio sul Partito democratico. «Me ne sono proprio scordato». Ma quando si tratta di individuare un nemico nel Pd, il leader centrista non ha dubbi: Dario Franceschini, non a caso capo dell’ala bipartitista post veltroniana. La santa alleanza anti Berlusconi lanciata sabato dal segretario uscente del Pd, per i centristi è quanto di peggio si potesse proporre. Se questa è la sua proposta, «vuol dire che le elezioni non gli sono servite. Un’alleanza di questo tipo è il più grande regalo a Berlusconi». Per il resto, Casini dice di aspettare il congresso. Si capisce che preferirebbe Pier Luigi Bersani, a patto che non metta ai vertici del partito il «neoclericale laico» Ignazio Marino.

Feroci le critiche al governo e al premier, che non trasmette abbastanza tranquillità al Paese in un momento come questo. E nella foga di demolire le misure economiche dell’esecutivo, Casini passa con il rullo compressore sulla proposta di far partecipare i lavoratori agli utili delle imprese che definisce una «fuga dalla realtà». Peccato che sia una misura fortemente voluta dalla Cisl, che è il principale interlocutore sindacale dei cattolici in politica. E la reazione della Cisl non si fa attendere. «Evidentemente, in questa fase, Casini è più incline a chi comanda che non ai comandati», commenta il segretario confederale della Cisl Maurizio Petriccioli. Errori che la Dc non avrebbe commesso, commentavano sindacalisti cattolici.

Sarà che - ha detto ieri il ministro Gianfranco Rotondi - «lo spirito della Dc aleggiava più nel Duomo di Milano, tra l’Italia semplice di Mike Bongiorno, piuttosto che a Chianciano, nei movimenti di Casini e Rutelli».

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