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Sinistra allo sbando sulle imposte

Bersani assicura: ridurremo le spese. L'Italia dei valori: "Ora basta sacrifici". Ma Rifondazione insiste per colpire le rendite finanziarie

Sinistra allo sbando sulle imposte

Roma - L’Unione anche sulle tasse riesce a dividersi. Così nella faticosa ricerca di un profilo comune su un terreno minato, al ministro dell’Economia, Tommaso Padoa- Schioppa, che cerca di tranquillizare gli italiani che le tasse con la nuova Finanziaria non aumenteranno, fa immediatemente sponda il ministro dell’Industria, Pierluigi Bersani. Niente tagli secchi alle imposte nelle prossime finaziarie, la ricetta, ma un «mix equilibrato» tra riduzione della spesa pubblica, lotta all’evasione fiscale e controllo sul debito pubblico. In poche parole, un modo per legare l’abbattimeno della pressione fiscale a precise e necessarie condizioni, in mancanza delle quali sarà inevitabile il mantenimento dello status quo.

Una eventualità che Massimo Donadi (Idv), ritiene scarsamente accettabile perché, di fatto, «significa chiedere ai cittadini gli stessi sacrifici dello scorso anno». «Non possiamo fare le finaziarie random, un anno tagliare le tasse, un anno tagliare le spese» risponde il ministro dell’Industria, che però ribadisce la volontà di premiare i «contribuenti onesti», specie vincendo la battaglia all’evasione, «restituendo qualcosa». Ma a battere cassa, ancora di più dopo le saette del presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ci sono anche le imprese. La via è quella dello scambio tra la riduzione degli incentivi e la diminuzione delle tasse attraverso, dice Bersani, «nuove strutture e fiscalità d’impresa più favorevoli alla competitività». Anche se, ricorda Bersani, per le aziende «abbiamo già fatto una riforma significativa » con l’introduzione del cuneo fiscale.

Anche per Rosy Bindi è cardinale una politica di equilibrio. Dice che «le piacerebbe abbassare le tasse» ma non a scapito dei conti pubblici e tantomenodel welfare, visto che «le famiglie italiane non si possono permettere peggioramenti dei servizi che lo stato offre ai cittadini». Quella che resta aperta è la partita sulle «rendite». Se da Marghera la sinistra massimalista ha ribadito a chiare lettere che la loro tassazione non è un’ipotesi ma un punto del programma, dall’Udeur si alza la barricata. «È fuori dal mondo», taglia corto Mauro Fabris, che ai ministri dell’ala radicale ricorda che aldilà degli impegni presi al forum di Marghera «ciò che vale è l’impegno alle decisoni collegiali assunto nell’ultimo vertice di maggioranza».

Cosa su cui concorda Antonio Di Pietro (Idv), che vede un doppio binario. «Quando parliamo di Bot e Cct, in cui un padre di famiglia investe dopo aver lavorato e pagato le tasse con i soldi che mette da parte, tassare ulteriormente è un'ingiustizia. Altra cosa - conclude - è equiparare le tasse sui redditi da rendite finanziarie più speculative per renderle in qualchemodocomparabili a quelle da lavoro dipendente». E chiude il verde Pecoraro Scanio.

«Il Dpef deve rispettare la Finanziaria». Tradotto, via le tasse dai conti correnti e insieme eliminare i privilegi sulle grandi rendite finanziarie e sulle grandi società che invece «devono giustamente pagare le tasse»

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