Politica

La sinistra scarica il cemento su Alemanno

di Salvatore Scarpino
I consumatori di carta stampata lamentano spesso che il giornalismo d’inchiesta sia trascurato e rimpiangono gli articoli dei bei tempi passati. Ma quel genere di giornalismo non è mai morto e, come certi prodotti del made in Italy, subisce l’insulto delle imitazioni. La Repubblica ieri ha sperimentato una grande falsificazione: l’inchiesta strabica, reticente e deviante, quella su «Il nuovo sacco di Roma». Uno sforzo poderoso, tre pagine con ampio richiamo in prima, affidato alla penna di Alberto Statera, un pezzo in cui si lacrima sulle sorti dell’Agro Romano aggredito dalle colate di cemento, una campagna incolta destinata a trasformarsi in palazzoni sperduti nel nulla. Un articolo di stile impressionistico, con note di rimpianto e di colore sull’entità dello scempio. Nel mirino della simil-inchiesta c’è il neo sindaco Gianni Alemanno, del quale, in un vistoso sommario, si denuncia il progetto di realizzare «venticinquemila appartamenti, nove milioni di metri cubi di cemento, 750 ettari di territorio. È l’ultimo sacco urbanistico della città». In realtà quello di Alemanno è un progetto di edilizia convenzionata (housing sociale) destinato a chi non può spendere troppo per la casa e sarà realizzato dopo che il sacco di Roma, di proporzioni immani, è stato già consumato.
L’articolo di Statera, infatti, descrive gli scempi passati, ma non ne indica la paternità politica, sorvola su date e nomi, crea di fatto una cortina fumogena in cui si scorge soltanto l’ombra minacciosa del lanzichenecco Alemanno.
Questo sì che è strabismo, questa sì che è reticenza. Il nuovo sindaco è in carica dall’aprile scorso, tutti sappiamo che gli interventi edilizi richiedono trafile burocratiche lunghe. Il sacco di Roma è stato compiuto con la benedizione delle giunte di sinistra, che hanno governato Roma per oltre dieci anni. Nell’articolo non compare mai il nome di Francesco Rutelli, è citato di sfuggita (e con parole altrui) Walter Veltroni, Statera evade, elude, svicola. Ma la verità è che Veltroni ha firmato un piano regolatore che prevede la costruzione, nei prossimi 10 anni, di 70 milioni di metri cubi, 1.700 palazzi di 8 piani (edilizia privata), su un territorio di 15mila ettari. Le case popolari di Alemanno (750 ettari) fanno ridere e non si realizzeranno per compiacere la speculazione. Il vero botto malefico è quello di Veltroni – preceduto da altri cementificatori di sinistra - e non è un caso che Alemanno intenda riscrivere quel piano regolatore.
Siamo in grado di fornire a Statera qualche dato preciso, tratto da ricerche documentate sulla cementificazione di Roma. Nello scorso mese di luglio all’Eur è stato inaugurato l’enorme centro commerciale Euroma 2, varato quando Alemanno non sedeva in Campidoglio. Nel 2005 era stato inaugurato Parco Leonardo, fra la Portuense e l’autostrada per Fiumicino. Nel 2007 era stato inaugurato il secondo grande centro commerciale Roma Est, nello stesso anno un altro mega complesso alla Bufalotta. Anno 2007, Alemanno non c’era, Veltroni sì.
Nel luglio scorso Paolo Berdini, docente di urbanistica a Tor Vergata, dichiarò a Liberazione: «Da qualche anno siamo tornati a costruire ai ritmi degli Anni Sessanta». E Alemanno non c’era. Ma che importa? Repubblica scopre il sacco di Roma con anni di ritardo. Perché? A Statera basta ironizzare sulle case popolari di Alemanno e sulla sua «destra sociale». Così la gente saprà chi è il colpevole del sacco di Roma.

Salvando il falso Obama di Trastevere.

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