Gli slogan verdi arrossiscono di vergogna

Sulla questione energetica emergono periodicamente parole sexy che, probabilmente per questo, vengono ripetute, da destra e da manca, come fosse un esercizio di onanismo collettivo. Nessuno naturalmente si pone la domanda - e men che meno fornisce una risposta - se quelle parole abbiano o meno un fondamento, non dico tecnico, ma quanto meno di realtà o, almeno, solo di realismo.
Vi ricordate? Trent’anni fa la parola sexy era energie-alternative. Dopo 30 anni, la promessa non è stata mantenuta. Anzi, il contributo da quelle energie è diminuito: la produzione di elettricità da alternative è passato, nel mondo, dal 22% nel 1980 al 18% oggi; e, in Italia, dal 27% nel 1980 al 18% oggi. E ciò a dispetto della poderosa crescita degli impianti alternativi, eolici e fotovoltaici, la cui potenza installata, in questo lasso di tempo, è stata decuplicata per i primi e raddoppiata per i secondi. Come mai? Perché per ragioni tecniche, peraltro abbastanza banali, le tecnologie alternative sono un colossale fallimento, idea che nessuno sembra voler afferrare.
Una decina d’anni fa la parola sexy era idrogeno: non ci voleva molto a capire che anche quella sarebbe morta presto, sempre per ragioni tecniche, una delle quali, di nuovo, molto banale: l’idrogeno non esiste sulla Terra. L’idrogeno è infatti morto: perfino Obama, l’uomo dei sogni, ha cancellato tutti i programmi che lo riguardano.
Più recentemente, sono stati in molti a riempirsi la bocca di un’altra parola sexy: mix. Secondo i fautori del mix, tutte le tecnologie dovrebbero contribuire alla produzione energetica. A nessuno viene in mente che le tecnologie fallimentari andrebbero escluse, soprattutto se oltre ad essere fallimentari sono anche costose. Ogni impegno su eolico e fotovoltaico (Fv), in particolare, andrebbe sospeso: questi impianti costano un occhio della testa (l’eolico il doppio e il Fv 20 volte di più di un impianto nucleare) ma, soprattutto, sono inutili. Non a caso il loro contributo nel fantomatico mix è inferiore all’1% per l’eolico e inferiore allo 0.001% per il Fv. E già così è incalcolabile il danno che la loro presenza sta facendo. Un mix di produzione elettrica che sia razionale è così fatto: dopo aver massimizzato la produzione da idroelettrico (tenendo conto cioè della orografia locale), la produzione elettrica dovrebbe essere soddisfatta da nucleare e da carbone. Punto. Il gas e il petrolio sono risorse preziose che è un crimine bruciare per produrre elettricità.
Al momento, poi, in piena euforia elettorale, le parole sexy, sono: Abbiamo già dato. Come un mantra lo ripetono - senza distinzione di colore politico - tutti gli aspiranti alle poltrone regionali, quando si chiede loro se accetterebbero reattori nucleari nel proprio bacino elettorale. Diciamo la verità: questi politici nella classifica di Sciascia se la battono tra essere ominicchi ed essere quaquaraquà. Fossero non dico mezzi-uomini, ma anche solo un minimo responsabili, sulla questione si sarebbero messi d’accordo e, riconosciuta tutti la necessità dell’avvio del nucleare, si sarebbero poi confrontati su tutto il resto: sperare che da costoro emerga uno statista di domani appare una pia illusione. Ma hanno dato che? Parole vuote, come al solito.
Alcuni si vantano aggiungendo che la loro Regione avrebbe l’indipendenza energetica. Il concetto di indipendenza energetica è stravagante in sé, ma anche a volerlo prendere sul serio, nel nostro Paese è decisamente un miraggio: oltre il 90% del nostro fabbisogno energetico è soddisfatto dall’importazione di petrolio, gas, carbone e di elettricità da nucleare. La parola-chiave o, se volete, la parola veramente sexy, è sicurezza, sicurezza di approvvigionamento energetico. Che significa energia erogata quando richiesta e con la potenza richiesta.

Idroelettrico, nucleare e carbone: questo è il mix. L’orientamento del governo e del ministro Scajola è quanto mai lodevole, perché, con l’avvio del nucleare, esso è volto alla riduzione dell’uso del gas e all’aumento della sicurezza di approvvigionamento energetico.

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