Cultura e Spettacoli

I film "scientifici"? Una scorpacciata di bufale galattiche

Da Scarlett Johansson super cervellona in Lucy ai buchi (neri) di Interstellar, ecco i più divertenti sfondoni di registi e sceneggaitori "preparatissimi"

Anne Hathaway in una scena di "Interstellar"
Anne Hathaway in una scena di "Interstellar"

Mi dicono: tanto è fantascienza. Ma la fantascienza deve essere fanta e scienza, altrimenti è una fanta-scientology, una fanta-cavolata. Deve saper coniugare l'immaginazione con la credibilità scientifica. Data una forzatura fondata su un'ipotesi lontanamente verosimile, il resto deve seguire secondo logica. Come ai tempi di Terminator , quando al massimo dovevi mandare giù il paradosso del viaggio nel tempo (per la relatività generale impossibile nel passato) e poi l'assurdo che Kyle, l'uomo mandato dal futuro dal capo della resistenza John Connor, mettesse incinta sua madre, rivelandosi il padre dello stesso Connor.

Era il 1984, bei tempi. Nel 1985 saremmo tornati a viaggiare nel tempo in Ritorno al futuro , portandoci dietro alcune nozioni carine, semplici, senza troppe pretese. Tipo che per viaggiare nel tempo ci vuole il flusso canalizzatore, e per attivarlo 1.21 Gigawatt di potenza.

Niente al confronto di quello che passa oggi il convento new-age degli sceneggiatori. Un andazzo cominciato fin dal primo Matrix , un capolavoro non assoluto perché rovinato dalle crisi mistiche dei fratelli Wachowski che lo hanno riempito di oracoli e eletti, a tal punto che i poteri acquisiti da Neo dentro Matrix a un certo punto funzionano anche fuori da Matrix, e lì casca l'asino. E nel terzo film, a scanso di equivoci, finirà crocifisso.

La colpa? Della fisica quantistica, ossia la scienza delle particelle. O meglio, del suo fraintendimento. Già diventata un passepartout spirituale di molte filosofie e psicologie pseudoscientifiche, alla base della mania quantistica c'è questo pensiero: nessuno ci capisce niente, possiamo frullare dentro di tutto. L' entanglement è il legame tra due particelle spazialmente lontane? Usiamolo per giustificare la telepatia e la telecinesi.

Il peggior pastrocchio dell'anno è senz'altro Lucy di Luc Besson, il quale, prendendo per buona una vecchia bufala neurologica, rispolvera l'idea del cervello che sarebbe usato dagli esseri umani solo al 10 per cento. Come se l'evoluzione si fosse potuta permettere un simile spreco. Nel film si sparano cifre impressionanti sul numero di neuroni non utilizzati. «Abbiamo cento miliardi di neuroni e ne usiamo solo un decimo». Peccato che una balena ne abbia il doppio e un'ape, in meno di un millimetro cubo, ne abbia già un milione.

Comunque, andando al sodo: Scarlett Johansson, a causa di una droga, acquisisce la capacità di usare il proprio il cervello in misura sempre maggiore, attivando poteri crescenti: legge nel pensiero, sospende i cattivi a mezz'aria con un solo gesto, si smaterializza dentro internet (cosa che va molto di moda: Johnny Depp si scarica la coscienza in rete nel film Transcendence , e recentemente il bambino robot Ethan alla fine della prima stagione di Extant , la serie prodotta da Steven Spielberg). Spiegazione? Un intruglio indigeribile tra neurologia delirante e la solita meccanica quantistica. Al 100% Scarlett può fare qualsiasi cosa, come andare indietro nel tempo fino al Big Bang, e poi consegnare, ahimè, il senso della vita a Morgan Freeman in una chiavetta USB. Con un finale subdolamente creazionista: nel viaggio della vita a ritroso dopo i dinosauri c'è Lucy, il nostro antenato australopiteco (o australopiteca, per fare contenta la Boldrini), mentre in verità la vera Lucy verrà sessanta milioni di anni dopo i dinosauri. In ogni caso il film una valenza scientifica ce l'ha: dimostra che a usare solo il 10% del cervello è Luc Besson.

In Edge of Tomorrow di Doug Liman addirittura c'è un mostro che per conquistare la Terra resetta continuamente il giorno. E come fa a controllare il tempo? Va da sé: piegando lo spazio-tempo con l'uso di un potere quantistico. Come se il giorno, tra l'altro, fosse una realtà assoluta e non relativa. Tuttavia almeno questo è un bel film: accettato il principio del reset, il resto ha una certa logica (finale a parte) e un ritmo incalzante da videogioco, e poi c'è Tom Cruise, basta un suo sguardo e qualsiasi pellicola è salva. Almeno per me.

Infine l'ultimo minestrone quantistico, scodellato da Christopher Nolan in Interstellar : il protagonista, Matthew McConaughey, è un astronauta che per salvare la Terra (dove non si riesce a coltivare più niente per calamità atmosferica non meglio precisata) accetta di farsi lanciare in un'altra galassia. Un'altra galassia? Distante decine di milioni di anni luce? E come ci arriva? Attraverso un wormhole , ossia un cunicolo spazio-temporale scoperto per caso vicino a Saturno. Conosciuti dagli addetti ai lavori come ponti di Einstein-Rosen e puramente ipotetici, i wormhole esistono solo sulla carta, sotto forma di equazioni, quanto la teoria delle stringhe o degli universi paralleli.

In ogni caso ok, passi il wormhole . Però vorrei sapere se il fisico teorico Kip Thorne, di cui si è servito Nolan, sapeva che il protagonista sarebbe entrato in un buco nero e lì avrebbe trovato la stanza della figlia. Con la quale comunicare, addirittura nel passato, usando codici a barre e linguaggio morse e, udite udite: GRAZIE ALLA FORZA DELL'AMORE.

Immagino che a Thorne sia preso un infarto, oppure che la laurea l'abbia presa in Albania, oppure che sia uno pseudonimo di Fabio Volo. Quanto a Nolan, ci avrebbe fatto una figura migliore se nel buco nero ci fosse stato il George Clooney morto alla deriva nello spazio in Gravity .

Fra tutti i film citati, il meno implausibile, sebbene a pensarci Clooney muoia per salvare chi, poi? Una Sandra Bullock tutta spirituale e piena di botox, veramente da non credere.

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