Cultura e Spettacoli

Attila, re degli Unni invade la Scala su un cavallo (vero)

Il basso Abdrazakov protagonista dell'opera: «Sarà moderna, ma rispettosa di Verdi»

Attila, re degli Unni invade la Scala su un cavallo (vero)

Nello spettacolo inaugurale della stagione della Scala, il re degli Unni, Attila, farà il suo ingresso in scena a cavallo. Ad anticiparci il colpo di scena è il basso Ildar Abdrazakov, il protagonista dell'opera di Giuseppe Verdi - Attila appunto - attesa a Milano il 7 dicembre. Sul podio Riccardo Chailly, alla regia Davide Livermore, mentre le scene sono affidate alla squadra di Giò Forma. «Spero di entrare a cavallo...», aggiunge con una punta di ironia, Abdrazakov, scettico per quel minuto in sella. Più tranquillo in tal senso è Gianluca Buratto, nei panni di Papa Leone, su (un finto) cavallo d'oro, dunque non soggetto a bizze. La regia non punterà comunque su meraviglie e facili effetti. Anzi. «Livermore ha un passato da cantante - spiega Abdrazakov- è consapevole di quanto sia importante rispettare l'artista. Sa che il pubblico vuole sentire la voce e quindi vanno create le condizioni perché questo accada. Attila sarà una produzione abbastanza moderna, ambientata negli anni Quaranta del Novecento. Io sono un generale». Nazista? Fascista? C'entrano i totalitarismi del secolo breve? Non vedremo nessun simbolo, chiarisce l'interprete, ma l'orrore di terre d'occupazione. «Desolazione e isolamento per effetto dell'invasione che sono elementi emotivi del Preludio iniziale, violoncelli e fagotti scendono sui gravi con una scala che porta al colore nero», spiega Chailly.

Abdrazakov, russo, 42 anni, sfodera una calma olimpica. Ha nel portfolio altre due prime della Scala, il recente Ernani e un recital scaligero che è stato un capolavoro di sussurri, mezze tinte, brividi interpretativi. In sintesi: ha sedotto il pubblico scaligero. È invece un debutto multiplo quello di Saioa Hernández, il soprano che incarnerà Odabella. «Debutto nel ruolo, esordio alla Scala, a una prima della Scala e con Riccardo Chailly», sospira spalancando gli occhi cerulei questa donna che diresti del profondo Nord e invece è di Madrid. Non è diva conclamata, studiava legge quando scoprì di avere una voce, quindi la sua carriera è partita tardi. Notata nei teatri minori, è stata segnalata al teatro massimo. Eccola a Milano: sarà la figlia del signore di Aquileia, colei che scioglie il cuore dell'Unno ma cova vedetta. «Vuole uccidere Attila, e mette a punto un piano preciso. E' la forza della disperazione a muoverla. Con Livermore lavoriamo sugli snodi psicologici della voglia di vendetta. Ha perso il padre, di qui la rabbia». La sfogherà trafiggendo Attila. Fatto che - spiega Abdrazakov - non è facile da metabolizzare. E narra un episodio gustoso di lui che va ad Astana, capitale del Kazakistan, per inaugurare il teatro, l'opera prescelta è Attila. «Volevano cambiare il finale. Non accettavano che fosse una donna ad uccidere l'uomo. Spiegammo che così aveva voluto Verdi». Finale salvo.

Odabella è l'unica donna del teatro verdiano a uccidere un uomo, e soprattutto con tale veemenza. Non per nulla, in questi giorni di prove, Chailly sta cercando «di caricare di dinamite Hernández. Le ho detto che deve essere una scossa tellurica». Dietro l'aspetto d'angelo, Hernández cela una tempra forte. E finalmente dopo aver fatto tutte le «ina» del melodramma, dopo essere stata Despina, Zerlina, Rosina, arriva nel suo portfolio un personaggio «di gran temperamento, una donna matura e forte con una voce corposa, con la polpa. Poi certo devi riuscire a salire, devi essere un soprano drammatico d'agilità.

Penso alla seconda aria, per esempio, a quei vocalizzi bellissimi ma difficili».

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