Cultura e Spettacoli

Avicii, Mercury e Michael I brani che continuano dopo

«Heaven» del deejay morto nel 2018 impazza in radio E i Queen funzionano più di prima. Il pop oltre la vita

Avicii, Mercury e Michael I brani che continuano dopo

Una volta era il «business del caro estinto». Un artista se ne andava e poi iniziavano a piovere rarità, inediti o brani comunque tenuti nel cassetto (che spesso, dopo averli ascoltati, si capiva il perché). Adesso no.

La fluidità del mercato e l'interazione con il cinema porta in classifica canzoni di tutto rispetto che rendono merito all'artista e ne continuano la fama. Tanto per capirci, il brano postumo di Avicii, che si intitola Heaven ed è cantato da Chris Martin dei Coldplay, è stato pubblicato a inizio giugno come terzo estratto dal disco Tim e tuttora, quasi quattro mesi dopo, è molto trasmesso dalle radio (per la classifica Airplay è al primo posto, per quella EarOne è molto più indietro) ed è comunque una delle melodie che hanno accompagnato l'estate. Ed è un caso più unico che raro, visto che Avicii è morto improvvisamente ad aprile del 2018 a neanche trent'anni e di solito, in questi casi, la storia insegna che tante canzoni pubblicate alla memoria, in realtà, non hanno fatto altro che infangarla. Invece Heaven è un signor brano, naturalmente di chiaro stampo electronic dance music (per gli esperti edm) che ha avuto una genesi importante e, sicuramente, sarebbe stato pubblicato anche dallo stesso Avicii. Infatti è stato proprio lui, Tim Bergling detto Avicii, a decidere di realizzare quella musica dopo un viaggio in Toscana nell'estate del 2016. Curiosissimo e molto riflessivo, questo enfant prodige, che il successo ha purtroppo annientato, si era innamorato della Divina Commedia.

Dopo averla «avvicinata» leggendola e facendosela raccontare proprio durante quel viaggio, ha «creato» questo brano, questo battito elettronico che si intitola Heaven, cioè paradiso, e nel testo porta una sorta di racconto ex post, qualcosa simile a un presagio: «Penso di essere appena morto e di andare in paradiso». Il video, che è bellissimo, è stato girato in Madagascar e, come tutto il disco Tim, rispecchia per filo e per segno le volontà espresse da Avicii prima di suicidarsi a Muscat, la capitale dell'Oman, in un momento di profonda depressione.

Insomma, per farla breve, il suo disco è una chicca e la memoria di questo sfortunato artista non è stata sfigurata dal solito sciacallaggio commerciale post mortem. Idem per i Queen, che sono il gruppo rock attualmente più trasmesso dalle radio e ascoltato in giro per il mondo, nonostante Freddie Mercury sia morto ben 28 anni fa. Il merito è, senza dubbio, del resto della band, che non si è mai esposta senza scrupoli al mercato della reliquia. A rinfrescare la memoria di uno dei migliori cantanti di sempre, e di una delle storie più affascinanti e sfortunate del rock, è stato anche il film Bohemian Rhapsody di Bryan Singer che non ha soltanto vinto 4 Oscar, non è stato soltanto il film più visto in Italia nel 2018 incassando quasi un miliardo di dollari in tutto il mondo, ma si è rivelato il più credibile detonatore per il rilancio dei Queen. E l'effetto si nota ancora oggi, a quasi un anno dall'anteprima alla Wembley Arena di Londra. A differenza di altri episodi analoghi, nessuno ha obiettato nulla sul successo globale di quello che è diventato il «biopic» musicale di maggior successo della storia del cinema. Anzi. Chi non era neanche nato quando Freddie Mercury cantava Radio Gaga, in anteprima mondiale al Festival di Sanremo del 1984, ha scoperto l'epopea favolosa e artisticamente inattaccabile di uno dei gruppi rock decisivi negli anni Settanta e Ottanta. In più, quel film ha lanciato una tendenza che ha portato e porterà altri titoli musicali sugli schermi di tutti. In poche parole, è il cosiddetto «traino generazionale», ossia quell'evento che apre le porte del passato a chi non lo conosce ma si scopre interessato.

La liquidità impalpabile della musica di oggi spesso cancella le radici e, nel flusso mostruoso e inarrestabile dello streaming, obbliga gli ascoltatori all'hic et nunc, al qui e ora, senza neanche il tempo materiale di guardarsi indietro ed esplorare i padri o i fratelli maggiori dei musicisti che ascoltiamo oggi. Così ci vuole magari la Regina Elisabbetta per rimettere sotto i riflettori George Michael, morto nel 2016 e per il pubblico più giovane già condannato ai margini dall'implacabile rinnovamento continuo delle classifiche. Secondo la biografia di Bryan Morrison, manager degli Wham di George Michael e Andrew Ridgeley, Queen Elisabeth sarebbe stata una loro grande fan, al punto da conoscere a memoria molte loro canzoni. Magari basta un «gancio» del genere a sdoganare questo artista anche ai giovanissimi. Idem per Prince, un altro che è ancora attuale anche con pezzi registrati negli anni Ottanta come Purple rain (sempre un classico in radio).

Insomma, finalmente è il tempo a decretare quali canzoni sono senza tempo, non lo sciacallaggio post mortem.

Commenti