Cultura e Spettacoli

La bacchettata

Sette basiliche per sette concerti. A Ravenna Festival si può avere il privilegio, nel volgere di ventiquattro ore, di ascoltare le «ore dell'ufficio divino» in altrettante basiliche cittadine (oltre al Battistero neoniano che ha ospitato l'ufficio dell'ora Nona - 15,30). Così, scegliendo l'Ufficio delle Lodi e dell'Ora prima (ore 7), abbiamo sentito il primo concerto fra le severe navate romaniche della Basilica di San Francesco, dove si tramanda si siano officiate le esequie di Dante. Alternate alla nuda meraviglia del canto gregoriano, eseguito dal Coro da Camera 1685, istruito da Antonio Greco e allocato dietro l'altare, c'erano gemme fra le più straordinarie del repertorio polifonico rinascimentale: due preghiere mariane di Tomas Luis de Victoria e Francisco Guerrero, un mottetto di Thomas Tallis e una versione inglese del Padre Nostro del compositore contemporaneo Sir John Tavener, talmente affascinante da reggere il confronto con i giganti antichi. Gli esecutori vocali erano dieci solisti, i Tallis Scholars, guidati da Peter Phillips, gruppo la cui fama mondiale si spiega con la straordinaria qualità della loro intonazione: una fusione perfetta di tutti i registri che non impedisce di assaporare le sfumature di ogni armonia, le inflessioni dissonati, sempre con una tenuta del suono luminosa.

Il canto a cappella a questo livello è un'esperienza spirituale sublime, un lavacro con cui cominciare, o proseguire o concludere, le nostre giornate contrappuntate dal frastuono della mediocrità predominante.

Commenti