Cultura e Spettacoli

"Basta con il solito vecchio rap. Lo trasformo con l'orchestra"

L'autore in tour dal 20 per il cd "Variazioni" inciso con la pianista Turso: "La musica colta è sperimentazione"

"Basta con il solito vecchio rap. Lo trasformo con l'orchestra"

Mica facile essere Dargen D'Amico. Anche quando parla è rap, cerca le rime ed è tranchant con ironia, mai con sarcasmo. Perciò nel rap ripetitivo e monocorde dopo un po' si è trovato senza ossigeno perché va bene il talento, ma ci vuole crescita altrimenti che gusto c'è. Quindi, parola d'ordine: cambiamento. Ossia Variazioni, come il titolo del suo nuovo album. Ogni volta Dargen D'Amico (vero nome Jacopo, immatricolato a Milano nel novembre 1980) rimette tutto in gioco. Riparte da zero. Non capitalizza. Non abitua l'ascoltatore ad aspettarsi i soliti cliché e per questo tutti lo considerano il più eclettico dei rapper italiani. Stavolta, dopo sette dischi, per la prima volta in Italia fonde il rap con la musica che chiama «colta» ed è quella che naviga nel mare magnum della classica. Ha chiamato, anzi si è artisticamente incontrato, con Isabella Turso, un autentico talento del pianoforte che riassume così: «Abbiamo coniugato due sensibilità musicali non così distanti». Lo faranno anche dal vivo dal 20 aprile alla Santeria Social Club di Milano Una sfida per entrambi. Dargen la riassume così: «Per me la parola è classica, l'orchestra è sperimentazione. Per lei il contrario: l'orchestra è classica, la parola sperimentazione». In Variazioni (che esce per Giada Mesi) ci sono inediti come Le squadre e variazioni di brani del suo repertorio, da Prima fila Mississippi (che diventa La mia testa prima di me) fino a L'amore è quell'intertempo (che diventa Qualsiasi movimento faccia). Disco coraggioso. Disco sorprendente. In fondo è «la bellezza dei punti di vista», sorride lui velato dai soliti occhiali da sole, stavolta a specchio. Difficile essere Dargen D'Amico. Ma anche difficile trovare un altro rapper così creativo.

Però scusi non sarebbe stato più semplice rimanere nel «solito» rap?

«Non ho resistito all'idea di fare un disco con un musicista che arriva dalla classica».

E come mai questa voglia?

«In realtà ho sempre portato il rap in ambienti che non fossero solo di musica urbana. E con quel mondo mi sono già incrociato in Briciole colorate nel 2010 e Oltre il mare del 2009 con i Two Fingerz».

Risultato?

«Un disco libero da tutto, anche dalla contemporaneità».

Dargen, sia più preciso.

«Mi spiego. Per Variazioni ho impiegato ben 14 mesi. Non mi era mai accaduto prima. Ero abituato ai sequencer, che risolvono tutto in un quarto d'ora e amen».

E ora?

«Noi abbiamo fatto alla vecchia maniera: siamo arrivati in studio con le idee e lì sono nati i brani. E poi abbiamo dovuto trovare strumenti, musicisti e posto giusti. Quando suona, un musicista mostra la propria sensibilità, che deve per forza essere anche la tua».

In Variazioni c'è il produttore Tommaso Colliva.

«Lui è un oceanografo, uno studioso degli oceani musicali. Ha detto di sì alla nostra collaborazione sette giorni dopo aver vinto un Grammy con i Muse. Il suo è un compito difficilissimo: rendere vero e autentico il suono di uno strumento».

Una bella scommessa, quella di fondere rap e poesia.

«La parola che non ha utilità immediata è sempre poesia. La lista della spesa è utile. Le parole combinate per scopi meno immediati spesso diventano poesia. Quindi la musica è poesia».

La sua è autobiografica?

«Nei dischi o nei libri non c'è quasi mai nulla di realmente autobiografico perché nessun artista ti darà mai la sua definitiva chiave d'ingresso».

Questo non sembra un album da top ten.

«L'album o i brani che vanno al numero uno, ci vanno per necessità di chi li scrive o di chi li produce. La mia necessità adesso è di dare una dimensione a ciò che ho fatto finora, di fare il punto e poi ripartire».

Non a caso in contemporanea con il disco esce anche il suo libro Mi scuso con tutti ma soprattutti con me.

«Sono i racconti che definisco i backstage delle mie canzoni».

Morgan le ha fatto i complimenti, Fabri Fibra l'ha definita «il migliore a scrivere in Italia». Tra rapper più che complimenti spesso scattano le polemiche. Come tra Fedez J Ax e Guè Pequeno e Marracash.

«Sono distante da queste cose e non prendo posizione perché mi sono tutti simpatici, spero solo che il loro confronto si trasformi in creatività».

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