Cultura e Spettacoli

La «Bohème» di Zeffirelli non tradisce mai

La Bohème di Puccini nella messa in scena di Franco Zeffirelli (e i costumi di un altro Maestro di stile, Piero Tosi) è un classico della Scala. Un allestimento miracoloso che sfida e batte gli ormai scontati aggiornamenti, ricordandoci come è bello il capolavoro pucciniano con i cieli bigi e i velari di tulle. Bella conoscenza, in questa edizione pre-estiva, la Mimì del soprano bulgaro Sonya Yoncheva, di gran lunga una categoria sopra gli altri interpreti di questa ripresa. Una voce dal timbro caldo, sana, omogenea e salda in tutti i registri vocali. Con il tempo (e le guide adeguate) potrà affinare le già buone «intenzioni», dando ulteriore chiaroscuro alla poesia pucciniana delle «piccole cose». Intanto accogliamo con gioia il suo felice ingresso scaligero. Prova molto convincente per il baritono Mattia Olivieri, che ha dimostrato quanto sia importante la parte di Schaunard nel quartetto dei quattro amici-bohème. Un rilievo protagonistico che messo in ombra il pur simpatico Marcello di Simone Piazzòla (preoccupante però la perdita di «volume» fonico del giovane baritono). Molto efficiente Federica Lombardi, una Musetta poco coquette, sostanziosa anche nell'invocazione alla Madonna e negli scomodi acuti del walzer. «Vecchia zimarra» passata in silenzio quella del Colline di Carlo Colombara. Applausi finali per tutti.

Compreso il (fisicamente) robusto tenore Fabio Sartori (Rodolfo) e il direttore d'orchestra Evelino Pidò, accompagnatore di questa edizione all'insegna di un fraseggio flebile e avitaminico.

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