Cultura e Spettacoli

Al cinema si ride sull'antisemitismo con "Pecore in erba"

Un finto documentario divertente e stravagante in cui, giocando col paradosso dell'antisemita-eroe, si mette alla berlina la paura del diverso

Al cinema si ride sull'antisemitismo con "Pecore in erba"

"Pecore in erba", opera prima del trentaquattrenne Alberto Caviglia presentata nella sezione Orizzonti alla 72ma Mostra del Cinema di Venezia, sbarca al cinema. Si tratta di un film che fa del politicamente scorretto, della stravaganza e, talvolta, del nonsense, armi affilate con cui affrontare, in modo nuovo e fresco, i temi del pregiudizio e della diversità. Una fucina delirante e anomala di piccoli spunti di riflessione. Il giovane Leonardo Zuliani (Davide Giordano) è un'icona in tutto il mondo perché, nella sua giovane vita, è divenuto il fautore di una rivoluzione culturale che vorrebbe ogni forma di razzismo libera di essere professata. Perciò, quando nell'estate del 2006, il ragazzo fa perdere ogni sua traccia, la notizia diventa di importanza primaria per l'intero Paese. A sei mesi di distanza dalla misteriosa scomparsa, l'opinione pubblica è ancora in subbuglio e, in concomitanza con una marcia di solidarietà, Sky lancia in onda un documentario dedicato alla vita di Zuliani. Oltre alle testimonianze dirette di familiari e amici, senza tralasciare quelle del suo psicoanalista e dell'insegnante delle elementari, vengono intervistate personalità di spicco del mondo dei Media.

"Pecore in erba", in sostanza, coincide con questo lungo servizio mandato in onda dalla televisione e diventa quindi a tutti gli effetti un mockumentary, ossia un finto documentario. Vengono usati attori ma anche personaggi noti nei panni di se stessi, che si sono prestati al gioco e che sarà curioso per lo spettatore vedere coinvolti in maniera così incredibilmente numerosa e così variamente assortita, (Ferruccio De Bortoli, Mara Venier, Vittorio Sgarbi, Corrado Augias, Fabio Fazio e moltissimi altri). E' uno spasso ripercorrere le tappe esistenziali di questo Leonardo Zuliani da Trastevere che si afferma come genio della comunicazione, fumettista, stilista, scrittore e, soprattutto, attivista per i diritti civili, in particolare quello all'antisemitismo. Se un tale soggetto assurge a simbolo della libertà d'intolleranza è perché quella ricreata in maniera realistica nel film è una società dall'immoralità caricaturale. La prospettiva rovesciata secondo cui gli antisemiti sarebbero vittime di antisemifobia, ossia disprezzati e mortificati in quello che è il loro semplice diritto di odiare, è indubbiamente esilarante ma anche destabilizzante. Il regista, ebreo, sa di cosa parla e sceglie di percorrere la strada dell'assurdo per mettere alla berlina la paura del diverso che popola i nostri tempi. Affrontare temi tanto delicati e attuali come quello della xenofobia in un modo così fuori dagli schemi e con apparente e divertente leggerezza è un'operazione la cui sottile follia va lodata.

Peccato soltanto che il guizzo goliardico e il virtuosismo del paradosso, in itinere, perdano in freschezza a causa di una durata eccessiva che, da un certo punto in poi, trasforma il geniale mockumentary in qualcosa di pedante, ridondante e ripetitivo.

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