Cultura e Spettacoli

Com'è bello il Cjaikovskij contemporaneo

Fra i luoghi comuni più resistenti nel mondo dell'opera c'è quello che i direttori d'orchestra italiani vadano bene soprattutto per accompagnare le opere italiane. Le numerose eccezioni (Toscanini, De Sabata, Serafin), sono conferma della regola. Ovviamente questa pregiudiziale limitante è diffusa soprattutto fuori dal Paese del Melodramma, dove le opere italiane sono molto presenti nei cartelloni dei teatri di repertorio, quelli dove ogni sera si va in scena, costi quel che costi. Questo presuppone un altro luogo comune: che sia molto più facile accompagnare un'opera italiana di Bellini o Verdi, rispetto ad una di Wagner o Strauss. Quanto è vero il contrario: l'accompagnamento, come diceva Toscanini (uno che Wagner lo aveva in tasca) è la spina dorsale della musica, e curarlo vuol dire capire su quale meraviglioso e delicato ingranaggio si fonda il melodramma. Non di meno quando un direttore d'orchestra italiano si distingue all'estero in un'opera non italiana, il valore è doppio.

Così avviene all'Opera di Lione (da molti considerato oggi il teatro meglio organizzato di Francia), dove il milanese Daniele Rustioni è direttore musicale ed ha appena finito di dirigere la poderosa Incantatrice di Cjaikovskij - un precipitato russo di erotismo e odio, veleni e pugnali, fra aristocratici violenti e diaconi fanatici: quindici personaggi principali, tessiture vocali quasi «selvagge», popolani, cacciatori, servi, giocolieri - che il regista ucraino Andreij Zholdak ha sentito come fosse un'opera contemporanea, agli antipodi dall'edonismo a cui spesso si associa il nome venerato di Cjaikovskij.

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