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Così Schwarzenegger è diventato un mito. Mostrando anche i muscoli che ha nel cervello

In "Pumping Arnold" non c'è soltanto culturismo, ma anche cultura

Così Schwarzenegger è diventato un mito. Mostrando anche i muscoli che ha nel cervello

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«Io penso che la soddisfazione maggiore che si possa avere in una palestra sia sentire la pompa. Quando ci si esercita con i bicipiti, e si sente il sangue scorrere dentro i muscoli, si prova una sensazione detta pompa. È una sensazione fantastica. Per me è come venire. Insomma, fare sesso con una donna e venire». Bisogna avere circa cinquant'anni per sentir citare il film Pumping Iron e considerarlo un film di culto. Che tra l'altro non era neppure un film, ma un documentario sul body building girato nei giorni precedenti dell'elezione di Mr Olympia del 1975. Negli anni Ottanta girava in VHS, e ha portato tutti noi adolescenti a andare in palestra per diventare come Arnold Schwarzenegger.

Ecco, magari non conoscete Pumping Iron, ma Arnold lo conoscono tutti. Perché è diventato un mito, e il mito di Arnold è iniziato proprio con quel documentario, diventato il soggetto di uno splendido libro di Fabrizio Patriarca intitolato paradigmaticamente Pumping Arnold edito da 66thand2nd. Un saggio da non sottovalutare, di sicuro molto pop, ma Patriarca ci ha messo molta cultura semiologica, ha letto il corpo di Arnold come avrebbe fatto Roland Barthes. Non solo il corpo, ma una carriera, una carriera fondata sul corpo ma non solo, perché di culturisti ce ne sono stati tanti, ma il corpo di Arnold era un'altra cosa, e anche la sua testa. Il corpo di Arnold ha dato vita a un immaginario, la sua testa lo ha fatto diventare un imprenditore di sé stesso milionario. In Pumping Iron c'erano anche Lou Ferrigno (celebre per aver interpretato il primo telefilm di Hulk, e poi morta lì) e Franco Columbu (sardo e amico di Arnold, ebbe una particina anche in Terminator).

Il libro di Patriarca è documentatissimo, e anche entusiasta, intervallato da siparietti nella palestra romana frequentata dall'autore, dove ovviamente si parla ancora di Arnold. Ma di certo per tutti Arnold è Terminator. Ha ragione Patriarca: non ha le turbe esistenziali degli androidi di Blade Runner (lo slogan della Tyrell Corporation che li produceva era «più umano dell'umano»), James Cameron nel 1984 crea un'icona immortale e una svolta del genere, e consacra Arnold nel suo ruolo principale. Il 1984 è «l'anno orwelliano in cui nelle case degli americani si affaccia per la prima volta un oggetto monoblocco decisamente sexy, l'Apple Macintosh, e Arnold veste i panni bionici in Terminator, sexiest android senz'altro, ma in definitiva lontanissimo dai modelli sentimentali del decennio precedente». Il corpo di Arnold, d'altra parte, è sempre stato un ultracorpo, come in genere i corpi dei culturisti ma con qualcosa in più, esagerato ma armonico, umano ma finto, un ultracorpo che neppure Robert Mapplethorpe, fotografandolo, è riuscito a rendere suo, come osserva Patriarca.

Negli anni Ottanta, tra ragazzi, si discuteva su chi fosse meglio, Stallone o Schwarzenegger, ma erano due cose diverse. Sly era Rambo, era Rocky, era una figura muscolare (non così muscolare come Arnold, che si è dato al cinema dopo aver vinto svariati Mister Olympia e Mister Universo), ma sentimentale, la risposta di Schwarzenegger a Rambo fu Commando, dove a Arnold rapiscono la figlia e da lì in poi sono cazzi, «inizia uno dei film più cruenti di sempre: ottantasette uccisioni, di cui settantaquattro solo nella scena finale (tanto per dire: Arnold in Terminator ammazza appena ventisette persone)».

Una riflessione colta e trascinante, quella di Patriarca, che ripercorre tutta la carriera di Arnold (e anche la sua intelligenza: fin dai primi successi Schwarzy ha investito in immobili per decine di milioni creando un patrimonio che gli ha dato la possibilità di scegliere i ruoli), governatore repubblicano ma anche liberale anti Trump, ma che torna costantemente sul significato del corpo di Arnold per interpretare non solo un'epoca, ma una categoria simbolica, estetica, dell'essere umano. Anche perché la perfezione di quel corpo (ora è invecchiato, perché è umano anche Arnold, ma la sua simpatia, ironia e intelligenza la potete vedere ogni giorno nelle sue storie su Instagram), ha segnato un'epoca, e potrebbe piacere anche alle femministe, perché i muscoli del culturista non sono necessariamente virili, quasi asessuati, come quelli di Terminator. Patriarca, parlando di Arnold, cita Jean Baudrillard: «Siamo tutti transessuali. Così come siamo tutti dei mutanti biologici potenziali, siamo dei potenziali transessuali. E non è questione di biologia. Siamo tutti simbolicamente dei transessuali».

Verissimo, ma se incontrate un culturista vi sconsiglio di dargli del transessuale, è improbabile che sappia chi sia Baudrillard e anche che abbia l'umorismo di Arnold.

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