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Designated Survivor: 60 days, il remake coreano è meglio dell’originale

"Designated Survivor: 60 Days", versione coreana della serie tv con Kiefer Sutherland, grazie all’ambientazione e a parallelismi con la realtà è più avvincente dell’originale

Designated Survivor: 60 days, il remake coreano è meglio dell’originale

"Designated Survivor" è una serie tv targata prima ABC e poi Netflix, con protagonista Kiefer Sutherland. Inizialmente la storia raccontata in questa serie tv ebbe successo, perché raccontava le trame della politica a stelle e strisce con un tono diverso rispetto ad "House of Cards" e all'irriverente "Veep". Fondamentale per il suo successo di partenza è stato il colpo di scena, da cui il titolo, con un attentato che ha coinvolto tutte le cariche dello Stato ed ha portato il Ministro della Casa Tom Kirkman a diventare Presidente degli Stati Uniti d’America. Purtroppo per la serie, la dipendenza dal colpo di scena ha reso il pubblico preparato - e poi annoiato - dalla trama e dal buonismo del suo protagonista. Dopo due stagioni il calo dello share, la cancellazione e poi il salvataggio da parte di Netflix, per una terza stagione e prossimamente una quarta.

Ora, disponibile da alcuni giorni, su Netflix c'è "Designated Survivor: 60 days”, serie tv basata sulla storia con protagonista Kiefer Sutherland ma con alcune varianti, in particolare con un’ambientazione nella Repubblica della Corea del Sud e quindi nella sua particolare situazione politica. Il Tom Kierkman della versione coreana è Park Moo-Jin, scelto dalla precedente amministrazione per le sue qualità di scienziato - e non di politico - come Ministro dell’Ambiente, diventato poi, inaspettatamente per lui, Presidente della Repubblica sudcoreana.

"Designated Survivor: 60 Days” ha una sua originalità. Prima di tutto, come si nota dal titolo, si tratta di un mandato di soli 60 giorni per il Presidente Park, il quale, essendo nel suo ruolo ad interim, condurrà il Paese alle elezioni nel giro di due mesi, ma dovrà fronteggiare anche situazioni al limite del conflitto bellico. Non sappiamo se sarà candidato alle successive consultazioni elettorali, ma questo ci raccontano i primi episodi esplorativi della storia, anche se, guardando alla versione americana della serie, sappiamo che il sopravvissuto designato è diventato poi un vero politico e ha continuato candidandosi alle elezioni presidenziali. Lo stesso potrebbe verificarsi nel remake coreano.

Passiamo alla trama e alle differenze con la serie originale. Siamo nella penisola coreana e i protagonisti quindi non hanno i problemi visti nella versione USA. La cultura che vediamo è un’altra, la storia del Paese coinvolto è diversa, altri quindi sono i problemi raccontati: la salvaguardia dell’ambiente, il conflitto con il vicino nord e la costante la presenza degli Stati Uniti. La storia che riguarda la Corea e il suo passato, con la separazione in due Stati distinti, ha la sua importanza in questa serie. Infatti, a seguito dell’attentato avvenuto all’Assemblea nazionale con la morte di tutti i componenti il Governo, viene subito indicato come responsabile il nemico giurato, cioè la Corea del Nord.

Ruolo importante hanno ovviamente gli Stati Uniti in quanto alleato storico della Corea del Sud, nonché del vicino Giappone, e nemico altrettanto storico della Corea del Nord, anche se ultimamente Trump sta cercando di ovviare al problema. Nei primi episodi della serie si nota l’ingerenza dell’alleato americano, prima per quanto riguarda l’acquisto di veicoli e il loro impatto ambientale, poi in termini di rappresaglia contro il nord ritenuto inizialmente responsabile dell’attentato.

Insomma, benché una serie tv remake di altra già nota e forse arrivata agli sgoccioli della sua trama, "Designated Survivor: 60 Days” risulta essere fresca e interessante, proprio perché racconta di una realtà a noi lontana, con dinamiche diverse dalle solite conosciute in altri show, come la serie madre,o film come "Attacco al Potere" e simili.

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