Cultura e Spettacoli

Il diario del martirio: "Così ho slegato i polsi al cadavere di Norma"

Il racconto di Giuseppe, cugino della giovane Cossetto, è alla base del film «Rosso Istria»

Il diario del martirio: "Così ho slegato i polsi al cadavere di Norma"

«Mio padre ha tagliato il filo di ferro che legava i polsi di Norma. Il suo corpo dilaniato era stato appena recuperato dalla foiba. L'aveva vista una settimana prima prigioniera dei titini a Parenzo, provata dalle violenze, ma viva. Questo è il suo diario». Loredana Cossetto stringe fra le mani una vecchia e spessa agenda, che un tempo le banche regalavano a fine anno. Le pagine sono fitte, riempite da un fiume di parole in stampatello del papà, Giuseppe, cugino della martire istriana Norma Cossetto. Una testimonianza diretta, preziosa e inedita scritta a mano nel 2016, un anno prima di andarsene e venire sepolto in Istria a Santa Domenica a pochi metri dall'amata cugina Norma. La studentessa istriana stuprata in branco e infoibata dai partigiani di Tito nella prima ondata di violenze anti italiane dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Venerdì a Trieste verrà presentato il film Red land - Rosso Istria, in uscita nelle sale il 15 novembre, che dopo 70 anni di oblio politico e culturale racconta sul grande schermo la storia di Norma.

«Mi ha raccontato tutto che ero già adulta - spiega Loredana, seconda cugina di Norma - Papà soffriva molto per questa tragica vicenda vissuta in prima persona. Ci portava sui luoghi del calvario di Norma e piangeva. Sono stata io a convincerlo a scrivere il diario». Rosso Istria si è basato anche sul racconto di Giuseppe Cossetto, che dopo l'8 settembre torna a casa dal fronte trovando l'Istria occupata dai partigiani di Tito. Per la prima volta il Giornale pubblica le parole dure come pietre del suo diario talvolta sgrammaticato e con errori di ortografia, che lo rendono ancora più genuino. «Quando i pompieri ci avvisarono del ritrovamento mi dissero di prendere un tronchetto per tagliare il filo di ferro dalle mani legate» scrive il cugino che assiste assieme a Licia, sorella di Norma, alla riesumazione del corpo dalla foiba di Villa Surani. «La salma era nuda, coperta solo da una canottiera, anche quella strappata - si legge nel diario - Non c'erano segni di arma da fuoco. È probabile che (Norma) sia stata gettata viva» nella foiba. Il corpo della studentessa «colpevole» di essere la figlia di un proprietario terriero e podestà locale, è pieno di lividi, le gambe scomposte e con ferite da coltello ai seni. «Il mio compito era quello di tagliare il filo di ferro che legava le mani a Norma e altri paesani di Santa Domenica» infoibati. A fine settembre 1943 Giuseppe, assieme a Licia Cossetto, va in bicicletta ogni giorno a Parenzo dove Norma viene tenuta prigioniera nella ex caserma della Guardia di Finanza. «A prenderla è stato un titino con una stella rossa sul berretto, armato e con una motocicletta» scrive il cugino sul diario. «Abbiamo trovato un carceriere un po' più cosciente, che ha fatto venire sulla porta la Norma. È stato un momento commovente». Licia e la sorella prigioniera scoppiano a piangere. È l'ultima volta che Norma Cossetto viene vista viva dai familiari: «Così magra, stanca, mal vestita, spettinata». Per Giuseppe sono i segni che confermano «le voci in giro delle violenze che subiva».

Dopo il recupero dei corpi dalla foiba, le salme vengono spostate nella chiesetta di Antignana, dove alcune donne del posto portano Giuseppe alla scuola, tappa del calvario di Norma stuprata da 17 partigiani. Dalle finestre guardavano e sentivano la voce di una ragazza di 23 anni che piangeva e chiamava mamma, aiutami» scrive il cugino della vittima. Le testimoni del paese raccontano di lamenti «di ogni genere» provocati dalla brutale violenza «dei carcerieri di Tito (...), aguzzini, violentatori, carnefici».

Nel diario il cugino ricostruisce l'infoibamento di Norma e degli altri italiani. Un abitante di Villa Surani gli racconta della fila dei condannati che arriva «alle 4 del mattino del 5 ottobre e i cani cominciano ad abbaiare». La colonna scortata dai boia di Tito sparisce «nel bosco verso la foiba». È l'ultimo atto rappresentato con cruda realtà nel film: «Dopo 10-15 minuti (si sentono) una o due mitragliate, (poi) il silenzio». Norma è l'ultima a venire scaraventata nella foiba, ma la sua storia rimane un tabù per mezzo secolo. Solo nel 2005 il presidente Ciampi la onora con la medaglia d'oro al merito civile. Oggi è custodita a Roma dal nipote Vittorio in ricordo del sacrificio di Norma, la martire istriana.

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