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E dalla fattoria di Orwell sparisce Stalin

E dalla fattoria di Orwell sparisce Stalin

È appena arrivata in libreria un'edizione de La fattoria degli animali di George Orwell illustrata dal brasiliano Odyr. Fu il primo successo dello scrittore socialista e rivoluzionario. Era una fiaba, o almeno sembrava una fiaba, ma incuteva una crescente paura nei lettori adulti, figuriamoci nei bambini. La società nata dalla ribellione degli animali si direbbe libera ma sprofonda nella disuguaglianza e nella crudeltà. Famosa la frase che fotografa l'ipocrisia di un sistema che opprime con la scusa della giustizia sociale: «Tutti gli animali sono uguali ma alcuni animali sono più uguali degli altri». Il compagno Napoleone, capo della fazione dei maiali, impone la sua leadership e premia la casta dei burocrati che zelanti eseguono i suoi ordini.

Dietro alla favola, c'è la tragedia dello stalinismo. Il dittatore georgiano domina col terrore e ha tradito tutte le speranze di una reale liberazione del popolo. Stalin è una sciagura che trascinerà nel fango ogni tipo di socialismo, incluso quello libertario sognato da Orwell stesso. Naturalmente il genio dello scrittore fa sì che La fattoria degli animali possa essere letta come una condanna di ogni sopraffazione esercitata dallo Stato in nome della uguaglianza. Questo però non autorizza a omettere il motivo storico per cui fu scritto il libro. Ma è proprio quello che fa questa edizione Mondadori. Negli apparati (parchi) che introducono la novella non ci sono le parole «comunista», «socialista», «Stalin», «stalinismo». Si parla di «concetto utopistico di uguaglianza» e di «classe di burocrati» che prende il sopravvento sulle bestie più docili. Conclusione, La fattoria degli animali è «acuta satira orwelliana contro il totalitarismo». Quale totalitarismo? Comunismo, nazismo... Non è dato sapere. Peccato non sia proprio un dettaglio. Orwell aveva conosciuto le meraviglie dello stalinismo in Catalogna, dove i sovietici erano impegnati a spazzare via anche i propri alleati non in linea con le richieste di Mosca. In Stalin vedeva tutti i pericoli del presente (La fattoria degli animali) e anche quelli del futuro (1984).

Nel 1947, La fattoria degli animali viene tradotto in ucraino. L'edizione è distribuita tra gli ucraini che vivono nei centri di raccolta gestiti da inglesi e americani subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Orwell non volle alcun compenso, in seguito pagherà di tasca sua la traduzione in russo indirizzata soprattutto ai soldati dell'Armata rossa. Orwell volle donare anche una prefazione all'edizione ucraina. In quella pagina spiega la sua posizione nei confronti del regime sovietico: «Era della massima importanza per me che gli europei vedessero il regime sovietico per quello che è. A partire dal 1930 non ho trovato prove che l'Unione Sovietica facesse progressi lungo la via che conduce al vero socialismo. Al contrario, ero sbalordito dai chiari segni della sua trasformazione in una società gerarchica». Ed ecco come nacque La fattoria degli animali: «Al ritorno dalla Spagna, pensai di spiegare il mito sovietico in una storia che fosse comprensibile a chiunque e potesse essere tradotta senza difficoltà».

Secondo Orwell, la Gran Bretagna non è una democrazia pienamente realizzata. Eppure offre vantaggi decisivi rispetto alla Russia sovietica: «È un paese vissuto per centinaia di anni senza un vero conflitto; le leggi sono relativamente giuste; le statistiche e le notizie sono attendibili; e soprattutto la minoranza non corre il pericolo di finire in campi di detenzione». Proprio per questo, ai cittadini dell'Europa occidentale riesce difficile comprendere cosa stia accadendo in Russia: «campi di concentramento; deportazioni di massa; arresti senza processo; censura della stampa». Sembra tutto quanto incredibile e per questo si accettano le spregevoli menzogne della propaganda sovietica.

Ecco, non si pretende da una graphic novel una lezione di Storia, ma neppure l'omissione di «dettagli» fondamentali per la comprensione minima del testo.

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