Cultura e Spettacoli

Ecco i migliori consigli per i consiglieri del Principe

Fiducia, cerchio magico, libertà. Così si può servire il leader (e salvarsi l'anima) secondo un ex capo-staff

Ecco i migliori consigli per i consiglieri del Principe

L'arte della politica non si improvvisa. Non la impari nei bar o al mercato dei pesci. Non basta la faccia tosta, l'eloquenza, la simpatia, la bravura nello stringere mani o nel promettere posti di lavoro. Tutto questo, certo, ha un peso, ma non basta. La politica ha a che fare con le particelle elementari dell'umanità: libertà, potere, sopravvivenza, distribuzione delle ricchezze, masse e individuo, paura e sicurezza, solidarietà e perfino con quella cosa così poco umana che chiamiamo giustizia. Spesso si ripete che i tempi sono cambiati e il passato non conta. Ti accorgi invece che le risposte alle grandi questioni politiche seguono percorsi per nulla inediti. È per questo che Niccolò Machiavelli (1469-1527) ha ancora tanto da dire come consigliere del Principe. Il guaio è che il Principe non ha voglia, tempo, pazienza e umiltà di ascoltarlo.

L'ultima volta che lo hai visto ti è sembrato più vecchio, con il solito disincanto, ma più stanco, deluso, per una volta pure lui incapace di riconoscersi in questa giostra felliniana, come nella scena finale di 8 e 1/2, che è ormai la democrazia in Italia, anzi in Occidente. Non ha ripudiato la politica. È la sua ossessione. Solo che ogni tanto deve prendersi una pausa e allora scrive. Qualche tempo fa ti ha inviato il suo ultimo libro: Il metodo Machiavelli (Rizzoli, pagg. 240, euro 18). Sta diventando un piccolo caso editoriale. Antonio Funiciello non sta più a Palazzo Chigi. È andato via quando è arrivato Giuseppe Conte, prima stagione, quella con Salvini. Funiciello era il capo dello staff di Gentiloni. Il suo mestiere è lavorare dietro le quinte della politica, come intellettuale, come suggeritore, come consigliere del Principe. È da qui che nasce Il metodo Machiavelli, ma chi si aspetta una di quelle storie autobiografiche ha sbagliato strada. Non è una finestra per sbirciare dentro il Palazzo. Non ci sono pettegolezzi. Non ci sono piccoli segreti. Non c'è gusto per i guardoni. È altro.

Qualcuno potrebbe scambiarlo per un manuale su come servire il potere e salvarsi l'anima. È molto di più. Il potere ti insegue, ti sta addosso, ti tenta, ti lusinga, ti fa fare i conti con quello che sei. È come un demone o uno spirito eterno che si incarna e si ripete, sempre fedele a se stesso, santo o dannato, illuminato o spietato, aristocratico o sguaiato e Funiciello te lo racconta, svariando nello spazio tempo, nella Roma di Cesare o nella Londra di Tommaso Moro o di Margaret Thatcher, nella Washington dei Roosevelt, di Kennedy, di Reagan, di Clinton, di Obama o di Trump; nella Firenze di Machiavelli e in quella più provinciale di Matteo Renzi. Il metodo Machiavelli è il romanzo del potere raccontato da chi sta un passo indietro o di lato.

Come si consiglia il Principe? Ci vuole saggezza, coraggio, chiarezza e la capacità di sentirsi a proprio agio dietro le quinte del palco. Non è un servitore. È un uomo di fiducia e uno stratega. Funiciello racconta uno dei luoghi dove il consigliere rischia di impaludarsi. È la corte. «Le anticamere del potere sono ovunque abitate da faccendieri e leccapiedi. Non c'è capo che non ceda al narcisismo». Il cerchio magico diventa così una specie di arena in cui i collaboratori fanno a gara nell'adulare il leader. Il capo insicuro, che non si fida di nessuno, e tende al disprezzo, organizza la sua corte a raggiera. Nessuno ha un posto preciso e i vari consiglieri si relazionano direttamente con i leader senza comunicare tra loro. L'obiettivo è creare insicurezza e competizione. È il modello scelto da Matteo Renzi e da Bill Clinton nei primi due anni da presidente degli Stati Uniti. La fortuna di Clinton è che nel giugno del 1994 trova un ex deputato californiano di origine calabrese. È Leon Panetta. È lui stesso che racconta il disastro che trovò a Washington: «Non esisteva un organigramma. Nessuna catena di comando. La gente non sapeva a chi riportare. C'erano persone con titoli come consigliere del Presidente che non avevano responsabilità definite. Vagavano per le sale e entravano e uscivano dalle riunioni senza alcun senso». È il ritratto di una leadership che sta perdendo la bussola. Un leader che finge di fidarsi di tutti, che crea un circolo di adulatori, in realtà non si fida di nessuno.

La fiducia è fondamentale. Il buon consigliere non deve aver paura di dire quello che pensa e rivendicare la sua libertà di opinione. «A un potente che non vuole sentir ragioni e si fa dispotico, il consigliere è chiamato a opporsi affermando le proprie libertà, per difendere quelle di tutti. Servire il potere e salvarsi l'anima è possibile solo restando liberi».

Funiciello racconta storie su storie di potere e arte politica. Non riguardano solo lo Stato, ma qualsiasi comunità. Non sai se alla fine c'è una morale. Di certo c'è un indizio sul male oscuro della democrazia italiana, tornata terra di conquista per la potenza straniera di passaggio. È una stagione di leader piccoli e di «servitori» del Principe non in grado di orientarsi nei demoni dell'animo umano.

Quei demoni sono sempre gli stessi, basterebbe conoscerli.

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