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Ecco il "terzo uomo" dell'intelligence fra Churchill e il Duce

Mandato in missione in Italia per recuperare lo scottante carteggio dei due leader, seguiva Mussolini come un'ombra

Ecco il "terzo uomo" dell'intelligence fra Churchill e il Duce

Una decina d'anni fa, un eminente personaggio della comunità inglese in Italia indirizzò lettere infuocate al premier britannico, Tony Blair, e alla regina Elisabetta, lamentando di aver ricevuto non la nomina a Lord, come si attendeva, ma il titolo, di rango inferiore, di «Order of the British Empire», che non riteneva riconoscimento adeguato ai suoi meriti. Sia il primo ministro, sia la sovrana risposero tentando di rabbonire, con toni cortesi, il recalcitrante «servitore di Sua Maestà».Chi era il misterioso personaggio, e quali meriti poteva vantare, sul piano storico e politico, per rivolgersi così a una testa coronata e a un capo di governo?L'uomo, scomparso nel 2013, è Raymond Thompson. Fu un pioniere della pubblicità, nella Penisola, per anni presidente della Camera di Commercio britannica a Milano, nonché consigliere per la comunicazione di personalità di rilievo della politica italiana come Beniamino Andreatta e Romano Prodi. Ma, soprattutto, fu un uomo d'intelligence che aveva collaborato direttamente con Winston Churchill, nel «gruppo di élite» che, nel settembre del 1945, sul lago di Como, aveva messo a segno uno dei più grossi colpi di tutti i tempi: il recupero del carteggio che lo statista inglese aveva intrattenuto con Benito Mussolini. Un epistolario, da decenni al centro di accanite dispute tra storici, contenente i più inconfessabili retroscena della politica internazionale tra il 1935 e il '45, e la cui esistenza toglieva il sonno all'uomo col sigaro.Lo strano e prolungato soggiorno del leader conservatore sul Lario, nelle prime tre settimane di settembre del '45, non è stato mai giustificato dagli storici inglesi, i quali hanno voluto presentarlo sotto la motivazione, più apparente che reale, della «vacanza pittorica». Senza peraltro spiegarci per quale ragione Churchill dovesse trattenersi a lungo sul territorio italiano, sotto l'identità di copertura di «colonnello Warden» (quella cui ricorreva per le attività di intelligence svolte sul campo), sotto la protezione di 26 uomini del 4º Reggimento Ussari della Regina, un'unità di élite destinata a operazioni speciali.E qui s'inserisce la vicenda di Thompson. Nato a Londra nel 1924, Raymond si arruolò giovanissimo nei Royal Fusiliers, Reggimento di fanteria dell'esercito britannico. Non sappiamo quando entrò nei servizi d'informazione, ma certo gli fu di aiuto, nel suo agire mimetico dentro il campo avverso, la conoscenza della lingua tedesca. Sbarcato ad Anzio con gli Alleati, nel gennaio del 1944, prese parte alla campagna d'Italia con incarichi operativi che ci sono ignoti. Quando la guerra terminò, rimase nel Belpaese, nei ranghi dell'FSS (Field Security Service), i servizi di sicurezza campale inglesi.Mi ha raccontato sua figlia Patricia: «A me confidò che, dopo la guerra, fece il corrispondente politico dal Nordest d'Italia. Aveva tre basi: una a Venezia, sul Canal Grande, l'altra a Trieste, e una terza a Pola. Erano uffici dell'FSS britannico. Sulla Laguna, poteva disporre di un motoscafo con autista, mentre un piccolo aereo era sempre pronto a decollare a un suo ordine». Prosegue Patricia: «Riguardo la sua attività riservata, sotto copertura, posso solo confermarle che operava in un reparto speciale e che svolgeva lavoro d'intelligence».Quello che la figlia non può dire, me lo rivela chi ricevette, da Thompson stesso, rivelazioni sul ruolo da lui avuto durante la strana vacanza di Churchill sul lago di Como. Franco Manzoni, titolare della storica pasticceria del paese di Menaggio, dove l'agente inglese negli anni Sessanta si costruì una villa con piscina, ricorda bene il giorno del 2011 in cui l'ormai anziano quanto affezionato cliente si aprì a inedite e clamorose confidenze raccontandogli di aver aiutato sir Winston a mettere le mani su quelle benedette carte: «Mi disse che lui era presente, quella tarda estate del '45, e mi mostrò un suo scritto sull'argomento, apparso su un quotidiano. Volle anche aggiungere di aver seguito Mussolini, come un'ombra, negli ultimi mesi della guerra».Francesco Cantù è invece figlio di un tenente dei carabinieri che lavorò, a Milano, al fianco di Carlo Alberto dalla Chiesa. L'ufficiale dell'Arma, Ambrogio Cantù (scomparso nel 1968), parlava perfettamente inglese, perché aveva trascorso lunghi periodi in Gran Bretagna. Era un grande ammiratore di Churchill, dal quale aveva anche ricevuto una lettera autografa in risposta a un suo messaggio augurale. Mi rivela suo figlio: «A casa nostra, si è sempre saputo che mio padre e Thompson avessero discusso a lungo. Papà, tra il 1963 e il '65, comandò la tenenza dei carabinieri, a Menaggio. Fu in quel periodo che ricevette le confidenze dell'agente segreto. Gli domandò come mai un cittadino britannico fosse venuto ad abitare a Menaggio e questi rispose che si era innamorato del luogo già nel settembre del '45, quando fu chiamato in servizio, per favorire la missione di Churchill volta al recupero del suo carteggio con il Duce».Ecco dunque spiegata la ragione per cui mister Thompson si era arrabbiato tanto con la regina Elisabetta e con Blair. Era rimasto offeso dall'ingratitudine del suo Paese. Mi spiega ancora la figlia Patricia: «Mio padre era considerato una figura eminente, tra gli inglesi residenti in Italia. Quando la Royal Family britannica giungeva nella Penisola, lui era sempre tra gli invitati di riguardo e pranzava con i reali». Uno che sedeva a tavola con i membri di Casa Windsor evidentemente non poteva accettare lo status di un qualunque distinto servitore della Corona. Con la sua lealtà, e il suo silenzio, aveva fatto molto di più: aveva puntellato il mito di Churchill.

Un mito che, con la sopravvivenza di quel carteggio, rischiava di essere colpito a morte.

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