Cultura e Spettacoli

Enrico Ruggeri al Fabrique per un grande addio ai club (salvo ripensamenti)

Se davvero è stato il suo ultimo concerto nei club, è stato un grande concerto

Enrico Ruggeri al Fabrique per un grande addio ai club (salvo ripensamenti)

Se davvero è stato il suo ultimo concerto nei club, è stato un grande concerto. Se non lo sarà, è stato comunque uno spettacolo top, il migliore visto ultimamente in un club. L’altra sera Enrico Ruggeri ha cantato al Fabrique di Milano e qualche giorno prima, avvicinandosi il concerto di Brescia, aveva scritto su Instagram: “La Latteria Molly e il Fabrique saranno probabilmente gli ultimi due club di sempre”. In attesa di sapere se il “probabilmente” diventerà “sicuramente”, Enrico Ruggeri ha deciso di passare con più stabilità alla dimensione teatrale anche perché, come ha spiegato, “lo stesso identico concerto nella stessa città attira più gente a teatro che in un club”. In sostanza, il suo pubblico preferisce stare seduto sulla poltroncina piuttosto che in piedi come accade nei piccoli locali, ed è una scelta comprensibile. In fondo, a far la differenza è comunque la qualità del concerto con un Ruggeri praticamente perfetto dal punto di vista vocale dopo i problemi dello scorso anno e una band senza giri di parole. Il chitarrista Paolo Zanetti è molto rock, dosa bene effetti e virtuosismi e il suo inserimento dal vivo (dopo averlo ascoltato su disco) è un valore aggiunto. E il bassista Fortu Sacka al basso è implacabile, oltre che spettacolare. Alex Polifrone alla batteria non perde un colpo e le tastiere di Francesco Luppi sono puntuali, proprio come la tromba di Davide Brambilla. Insomma, sin dalle note di Cold song di Klaus Nomi si capisce che Ruggeri non farà prigionieri. Il concerto è molto potente, talvolta quasi hard rock e l’ultimo disco Alma è suonato quasi per intero (nove brani su undici). C’è lo spirito Decibel, naturalmente, è inevitabile. Ma c’è l’inconfondibile eclettismo di Ruggeri, a suo agio sia quando canta Il mare d’inverno (la seconda dopo l’iniziale Il labirinto) che Polvere o Peter Pan. A colpire è soprattutto la tensione musicale, la capacità di non “far scendere la pressione” nonostante qualche volta Ruggeri faccia lo chansonnier o addirittura si dilunghi in racconti sul palco. Insomma, uno show azzeccato e, soprattutto (alleluja!) molto essenziale. Niente effetti speciali. Le luci il giusto. La band e il frontman raccolti, vicini, spesso complici. Insomma, quando i tre bis finali (‘Come lacrime nella pioggia”, “Contessa” e “Mistero”) hanno lasciato spazio alla versione registrata di All the young dudes scritta da David Bowie, il pubblico era soddisfatto, qualche volta commosso.

Succede sempre più raramente ed è un regalo che Ruggeri ieri a fare sempre ai suoi concerti.

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