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A volte funziona a volte no. Questa volta no, diciamolo subito. Non è facile tradurre un fumetto in una serie. La Marvel c'è riuscita alla grandissima, anche se non tutti i prodotti passando dalla carta al video hanno mantenuto lo stesso livello qualitativo. Ma l'operazione è ancora più difficile coi manga giapponesi. Nei manga c'è una miscela di serio e ironico calibratissima che consente, grazie al disegno, di passare dal comico, al grottesco, al realistico in un lampo.

Mob Psycho 100, una delle strisce a fumetti giapponesi più amate, è caratterizzato da questa miscela in maniera estrema. Frutto della fantasia del disegnatore One racconta avventure e disavventure di Shigeo Kageyama. In sé la trama è banale. Shigeo è uno studente delle medie soprannominato Mob. Pur sembrando sfigatissimo è di fatto dotato di grandi poteri paranormali. Più cresce però più si rende conto del pericolo che i suoi poteri costituiscono. Tenta di vivere una vita normale, ma il suo mentore è un ciarlatano e questo non gli migliora certo la vita. Accumula, così, emozioni represse e rischia di trasformarsi in una bomba.

Ecco tutto questo lo troverete anche nella omonima serie appena arrivata su Netflix. Ma dal comico si passa al grottesco, anche grazie alla recitazione degli attori giapponesi, molto lontana da quella dei colleghi occidentali. Vi ricordate quando Cristina D'avena recitava in Love Me Licia versione de no'antri del telefilm di Kiss Me Licia? Ecco l'effetto è lo stesso, forse peggio, e porta a rivalutare di molto la performance di chi recitò in quella vecchia serie italiana.

Forse potrà funzionare in Giappone ma qui è difficile.

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