Cultura e Spettacoli

Han Meilin, un visionario che neppure Mao seppe «rieducare»

Francesca Amé

Bisogna avere energia da vendere per lanciarsi in un world art tour a 80 anni compiuti. Ma stiamo parlando di Han Meilin e dunque non dobbiamo stupirci. Se il nome non vi dice molto, sappiate che almeno una delle opere dell'artista cinese l'avete vista: sono le fuwa, le bamboline della fortuna mascotte ufficiali dei giochi olimpici di Pechino 2008. Il mercato dell'arte lo adora, c'è chi lo ha definito il «Picasso della Cina» - e lui con ironia ha risposto di essere l'Han Meilin cinese - e ha scelto Venezia e i prestigiosi spazi espositivi di Dorsoduro 3246 dell'Università Ca' Foscari per esporre per la prima volta le sue opere in Europa.

Il mondo di Han Meilin (da oggi e fino al 28 febbraio, ingresso libero) è un cosmo affascinante in cui l'antica arte calligrafica incontra la materia. Un universo fantastico e popolato da incredibili creature, che hanno le radici nel passato della tradizione cinese ma paiono proiettate nel futuro. Grazie a un progetto dell'università veneziana insieme alla Venice International University, alla Han Meilin Foundation e alla China Italy Dialogue Association, le opere di Meilin - legni intarsiati, stoffe, tele e bronzi - arrivano in Italia in un'esposizione curata dall'ambasciatore Umberto Vattani coadiuvato dal professor Zhao Li.

«Abbiamo portato a Venezia spiega l'ambasciatore Vattani oltre 200 capolavori di Meilin provenienti dalle ricche collezioni che popolano i tre musei dedicatigli dal governo cinese a Pechino, Hangzhou e Yinchuan. In tutte le opere c'è un imprinting inconfondibile: un'apologia dell'incompletezza legata a un mondo sempre in divenire. Lui stesso è, nella sua arte, testimonianza vivente di tale concezione». Nominato lo scorso anno dall'Unesco «artista della pace» (unico cinese ad aver ottenuto tale riconoscimento), Meilin era un talentuoso e giovane creativo di Jinan, capitale della provincia di Shandonh, quando venne preso di mira dal progetto di rieducazione voluto da Mao a partire dal '66.

Rapito e portato in un campo di rieducazione per molti anni, uscirà più forte di prima: dagli anni Ottanta, dopo un viaggio negli Usa, propone la sua arte immaginifica, oggi apprezzata nel suo Paese e dai collezionisti internazionali.

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