Cultura e Spettacoli

«I Maneskin dimostrano la nostra stessa energia La fama? Si capisce dopo»

Tokio Hotel sono esplosi con «Monsoon» nel 2007. E ora sono pronti a tornare in Italia

«I Maneskin dimostrano la nostra stessa energia  La fama? Si capisce dopo»

Ma guardali, manco li riconosci. I Tokio Hotel sono esplosi a diciott'anni scarsi in mezzo mondo nel 2007 con la velocità di Marcell Jacobs. Già celebri nella loro Germania (sono di Magdeburgo) e in un po' di Mitteleuropa, sono poi diventati per un paio d'anni «il» fenomeno musicale, con inevitabile codazzo di estremismi dei fan e analisi sociologiche. Tutto per merito di un pezzo di sicuro impatto, Monsoon. Di un suono rock. E, magari soprattutto, di un look, specialmente quello del cantante Bill Kaulitz, che era totalmente controtendenza: un'esplosione di capelli neri e un guardaroba molto glam legato alla tradizione di Aerosmith e Guns N'Roses. Quindici anni dopo rieccoli ormai nei panni delle rockstar di lungo corso: quattro album in lingua inglese, dieci milioni di copie vendute e una nuova vita. I gemelli Bill e Tom Kaulitz (ora sposato con la top model Heidi Klum) vivono quasi sempre a Los Angeles. Gli altri due spesso sono in Germania. «Ma abbiamo sempre la stessa passione», dicono Bill, che ora è biondo, e George Listing, che è il bassista e forse la mente razionale della band: «Noi abbiamo sempre bisogno di almeno un anno e mezzo per fare ciò che nessuno aveva fatto». In programma hanno un nuovo disco, che uscirà prima o poi nel 2022, e un tour che parte da Milano il 20 aprile al Fabrique. «Ma, anche se siamo in giro da tanto tempo, noi restiamo una famiglia di amici», conferma Bill in collegamento da Los Angeles in mezzo a mixer e strumenti. Biondo. Irriconoscibile. Ma forse ancora più rock.

Allora quindici anni dopo facciamo un bilancio.

Bill: «Il successo è stato una tempesta che abbiamo capito soltanto dopo. Così improvvisa che per tanto tempo abbiamo avuto solo due obiettivi».

Quali?

George: «Viverla e passarci in mezzo. Quando sei dentro a una macchina così grande ed entusiasmante, pensi soltanto a rimanere in sella e a non farti travolgere da ciò che ti capita intorno».

Al Festivalbar del 2007 l'Arena di Verona cantava a memoria «Monsoon».

George: «È stato un periodo folle, di impegni ovunque e frenesia entusiasta».

Anche i Maneskin stanno attraversando più o meno la stessa fase. E adesso tornano al Festival di Sanremo.

Bill: «Li ho incontrati un paio di mesi fa qui a Los Angeles, ci siamo anche fatti tre o quattro drink insieme. Ricordano senza dubbio la nostra energia quando abbiamo iniziato a girare il mondo. Hanno una grande presenza sul palco e, oltretutto, il loro suono è molto speciale. Tra l'altro a Los Angeles suonavano al Roxy e anche noi, quando siamo arrivati per la prima volta negli Stati Uniti, abbiamo suonato proprio lì».

Come i Maneskin in questi mesi, anche voi siete diventati famosi in tutto il mondo in pochissimo tempo.

George: «Lì per lì non ti rendi conto di cosa ti accade. Ma adesso tutti abbiamo fatto i conti con il lato buono del successo. E con quello cattivo».

Ad esempio?

Bill: «Il lato peggiore è che perdi davvero contatto con la realtà e ti ritrovi solo. Senza famiglia e senza amici. In giro per il mondo. In viaggio continuo. Quando hai 18 anni è davvero complicato perdere i punti di riferimento che hai avuto fino a quel momento».

E il lato buono?

Bill: «Quel periodo è stato decisivo e fortunato. Ogni mattina, quando mi alzo dal letto, penso che sto facendo ciò che ho sempre voluto fare. In questo tutti noi siamo fortunati».

Ora cosa c'è scritto sulla carta d'identità dei Tokio Hotel?

Bill: «Siamo visual rock. E abbiamo costumi glam, che io cambio spesso durante il concerto. Diciamo che gli effetti dei nostri concerti sono da wow!. Ma io ho iniziato a fare questo mestiere perché ho perso la testa per le canzoni di Nina Hagen e per il suo modo di essere punk.

Se sono qui, è merito suo».

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