Cultura e Spettacoli

Italia, Pd e rock Ligabue si arrabbia in "Mondovisione"

Suoni più asciutti e testi più diretti: "Non sono d'accordo con la frase di Andreotti: il potere logora e basta"

Italia, Pd e rock Ligabue si arrabbia in "Mondovisione"

Anzitutto lui non esagera. Ligabue ha il pudore delle iperboli e quindi le usa neppure oggi, qui a Milano in questo open space alla moda, mentre presenta il suo nuovo disco. «Non ho mai impiegato così tanto tempo a registrarne uno, più di un anno». Mondovisione è rock alla maniera di Ligabue, senza spigoli, senza rotture, bello e sorprendente con garbo anche se la produzione è up to date e, come dice lui, «in Per sempre la batteria segue un tempo r&b, una novità per me. Ormai i generi musicali, e anche il rock, sono meno rigidi di una volta». Dopotutto, anche se è ormai Spotifydipendente e quindi naviga random nella musica («In questo periodo ascolto molto prog, roba tipo Balletto di Bronzo»), Ligabue è un brand consolidato e non può tradire il proprio marchio di fabbrica. Però lo ha attualizzato.
Specialmente nei testi.
«Oggi sono più indignato di quanto lo fossi nel 1994 al tempo di A che ora è la fine del mondo?» spiega quasi stravaccato (più per spaurito imbarazzo che per strafottenza) su di una poltroncina di fronte alla spianata di giornalisti e telecamere. Quindi pazienza se «la cronaca invecchia le canzoni»: stavolta Ligabue parla più chiaro del solito perché «finora ho sempre cercato di restare vago e di non indignarmi troppo, ora non ce la faccio più». D'altronde si capisce già dal singolo Il sale della terra che a Ligabue non basta una sfuriata qualunquista sull'italianità ma, da Schettino in avanti, vuol proprio srotolare «una galleria di personaggi negativi. Ed è una canzone sull'esercizio del potere. Non sono d'accordo con la celebre frase di Andreotti: il potere logora chi non ce l'ha. Il potere logora e basta». Perciò, distaccato da buon emiliano e senza la goliardia di tanti romagnoli, Ligabue fa una carrellata dell'attualità. A modo suo, non politico anche quando parla di politica. Ad esempio: «Il Pd sa quanto ha deluso gli elettori, non voterò alle primarie e, anche se forse non hanno le risposte giuste, i grillini sono necessari per accorgersi delle esigenze di cambiamento anche drastico». E, mentre in alcuni brani se la prende con la giustizia e soprattutto con chi «doveva pagare e non ha mai pagato», si tira fuori dal nichilismo del tipo «muoia Sansone con tutti i filistei» (e lo racconta in Nati per vivere) per agganciarsi all'indispensabile relativismo: «In un'epoca in cui le homepage dei giornali si aggiornano ogni mezzora, rimango senza parole scoprendo come il pubblico tenga a memoria i testi delle vecchie canzoni. Ma sono soltanto canzoni e spesso sono affaticato dalla pressione intorno ai miei testi». È un musicista, dopotutto, talvolta obbligato a impancarsi nel ruolo di guru. «Sulla copertina del disco c'è un mondo accartocciato e qualcuno potrebbe pensare chissà cosa: ma in realtà è solo un disegno che mi piace».
Il mondo di Ligabue, si sa, è quello del buon senso vecchio stile, mediato da istanze di sinistra e dall'esperienza di 23 anni da popstar: non certo quello del capopopolo che parla alla pancia del pubblico. Quindi non replica a Pelù che ha accusato Jovanotti di salire sul carro dei vincitori: «Piero è sempre pierino e io voglio troppo bene a tutti e due». E preferisce parlare della convivenza con il lutto (Ciò che rimane di noi). O del terremoto che ha graffiato l'Emilia (in La terra trema, amore mio spiega quanto «dopo aver provato quelle scosse non si torna più indietro»).
Insomma il rock di Ligabue non è il Muro del suono come il titolo del primo brano, non è il Wall of sound di Phil Spector, ma un calibrato equilibrio di chitarre, voce potente e parole che parlano a tutti, alla famiglia (come nel prossimo singolo Tu sei lei) o agli adolescenti a vita (Sono sempre i sogni a dare forma al mondo).
Però in questo disco Ligabue, che dall'Olimpico di Roma il 30 maggio inizierà altri due mesi negli stadi, infila anche un pizzico di quell'ironia che ci sta a pennello: lo strumentale Il suono, il brutto e il cattivo, ispirato agli spaghetti western, e la potente Con la scusa del rock'n'roll che racconta come «con il pretesto della musica si possano fare cose altrimenti impossibili». Soprattutto, e c'è dolcezza nel suo sguardo mentre lo dice, «il rock insegna a superare il pudore dei sentimenti più profondi». E a gridarli.

Qualche volta pure a voce altissima, per fortuna.

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