Cultura e Spettacoli

L'epopea di Fiume rivive nella musica degli IANVA

Il gruppo rock genovese affronta temi «scorretti» e la storia del Paese. A partire dall'impresa del Vate

L'epopea di Fiume rivive nella musica degli IANVA

La musica italiana ha bisogno di idee forti. I genovesi IANVA (ianua, cioè Genova, ma anche porta in latino) ne hanno a bizzeffe ed escono completamente dall'ordinario fatto di educati cantautori indie e gruppi rock da centro sociale fuori tempo massimo. Negli IANVA puoi sentire un richiamo alla scuola genovese (Fabrizio De André), un altro al folk apocalittico dei Death in June e un altro ancora alle sperimentazioni dei Blood Axis. Si avvertono echi di Morricone e l'impostazione, non solo canora ma anche orchestrale, di Scott Walker. Il suono degli IANVA è fortemente connotato dalla voce di Renato Mercy Carpaneto e dalla tromba. Ma è quando si ascoltano i testi - resistono bene alla lettura senza musica, caratteristica rara - che si capisce appieno la distanza siderale degli IANVA dalla provinciale scena indipendente italiana. Niente intimismo da cameretta ma passioni adulte. Niente storielle ombelicali ma la Storia d'Italia. Niente nichilismo di maniera ma un forte richiamo a certi valori riassunti nell'album-manifesto Canone Europeo (2017), il più bello e vario, quello da cui partire per conoscere questo straordinario gruppo. Niente melodie carine, chitarrine sporcate da lieve distorsione o tastierine anni Ottanta ma il fascino austero di brani spesso acustici e dall'incedere marziale. In Italia: ultimo atto (2009) si parte dalla guerra civile, si passa per la morte di Pier Paolo Pasolini e si arriva al nulla (apparente) degli anni Ottanta e Novanta. La mano di gloria (2012) prende invece spunto dall'omonimo romanzo distopico (tre volumi, oltre 2100 pagine) di Carpaneto ed è un concept che si colloca in un futuro apocalittico. Fuori commercio da tempo, è ora ripubblicato in versione digitale. La guerra, soprattutto la Prima guerra mondiale, è al centro dell'immaginario degli IANVA. Il mito degli arditi, la vittoria e la vittoria mutilata. Passatismo? Per niente. L'Italia dei combattenti, in trincea a 18 anni, fa risaltare, per contrasto, l'Italia di oggi che si vergogna di se stessa, incapace perfino di celebrare come si deve quella strage che è offensivo per i caduti ritenere inutile. Nell'Unione europea non si spara un colpo di fucile. Ma la guerra non è finita. Le armi di oggi sono l'alta finanza e un sistema di regole fatte apposta per stritolare i Paesi in difficoltà. Per dirla con le parole di Michel Houellebecq, l'Europa ha scelto un modo singolare di suicidarsi: uccidere i Paesi che ne fanno parte uno dopo l'altro.

Ma torniamo agli IANVA e alla storia che vogliamo raccontare, accompagnati dalla musica del loro primo album Disobbedisco! (2006). Dal mito (che poi era realtà) della vittoria mutilata nasce la più affascinante impresa politica dell'Italia unita. Dopo una serie di discorsi sempre più minacciosi, Gabriele d'Annunzio, eroe del volo su Vienna e della beffa di Buccari, passa ai fatti. Siamo nel 1919. L'Italia è uscita malissimo dai colloqui di Parigi e in particolare ha perduto la città di Fiume, italianissima, che ha manifestato la volontà di far sventolare la bandiera tricolore sul proprio territorio. Il 12 settembre 1919, Gabriele D'Annunzio occupa Fiume con un colpo di mano, alla testa di reparti dell'esercito e di volontari. Inizia così una avventura memorabile che gli storici, scioccamente, hanno inteso solo come premessa del fascismo. Non è così. Il fascismo copiò alcuni slogan, l'arringa al popolo dalla finestra, il potere propagandistico di giochi e prestazioni sportive. E nient'altro. D'Annunzio teorizzava che il segreto del comando fosse non comandare (i problemi di piccolo cabotaggio si risolvono da sé) e scrisse una Costituzione, la Carta del Carnaro, rivoluzionaria come il sindacalista che lo aiutò, Alceste De Ambris. L'idea era imporre con la forza leggi che fossero dolci come un bacio a mezzanotte. La proprietà privata era intoccabile ma solo a patto che non restasse improduttiva. Fiume rivendicava il diritto all'autodeterminazione dei popoli, cercava alleati tra gli oppressi come gli irlandesi, si poneva come modello di libertà individuale. Unica tra tutte le Carte, affermava la centralità dell'educazione musicale. Prima tra tutte le Carte, concedeva il suffragio universale perché uomini e donne godessero degli stessi diritti. Lo Stato sognato da d'Annunzio ricordava i gloriosi ducati rinascimentali, forse l'unica forma di governo che si possa definire italiana. Amore libero, nudismo, droga: gli hippie dell'epoca si presentarono per prendere parte alla festa assieme ai nazionalisti. A Fiume si diedero appuntamento spiriti inquieti come Giovanni Comisso, Guido Keller, Leone Kochnitzky, Henry Furst e moltissimi altri. Proprio Keller e Comisso pubblicarono quattro numeri della rivista Yoga. Unione di spiriti liberi tendenti alla perfezione alla quale collaborarono anche Filippo de Pisis, Alberto Savinio e Giorgio de Chirico. Yoga è testimonianza di un movimentismo che qualcuno ha avvicinato al Sessantotto. Il racconto più struggente dell'impresa è Il porto dell'amore scritto proprio da Comisso. Sono pagine che permettono di capire l'esplosione di creatività nei mesi di Fiume e il brivido di essere protagonisti dì un'avventura memorabile.

Il Comandante tutti sovrastava ma governava in modo gentile. A Natale del 1920, l'esercito italiano poneva fine all'occupazione dannunziana dopo un breve combattimento durante il quale proprio il Comandante rischiò la vita. Il suo ufficio fu colpito da una cannonata sparata da una nave. Cosa volesse fare, in seguito, Gabriele d'Annunzio è ancora oggetto di studio. Forse avrebbe potuto essere lui il Duce dell'Italia. Di certo diede ordine ai suoi fedelissimi di non mischiarsi con gli squadristi fascisti e di restare in attesa. Ma in attesa di cosa?

Gli IANVA ripercorrono gli ultimi giorni della Prima guerra mondiale attraverso gli occhi di un giovane ardito, il maggiore Renzi, che non vuole saperne di deporre le armi e si unisce ai patrioti in marcia verso Fiume. XII IX 1912 Di nuovo in armi canta le motivazioni dei liberatori di Fiume: «Obbedire all'amore è il nuovo imperativo / non turarsi il naso al fetore di una pace che offende / farsi beffe col gesto impulsivo di chi a un tempo desidera e prende / e pisciare su decreti voluti da vecchi usurai». C'è poi il lato spettacolare dell'occupazione nel Tango della Menade, in cui si esibisce l'altra protagonista del disco: Elettra Stavros, musa archeo-futurista, spia alleata, interpretata da Stefania T. D'Alterio. C'è spazio anche per un bicchiere di Sangue morlacco, che non è una strage, ma il nome affibbiato dal Comandante a un mediocre liquore che si beveva alla locanda dell'Ornitorinco, luogo di riunioni a tarda sera. Si corre verso la fine del sogno con Traditi, dove Andrea Chimenti dà voce al Comandante, e Fuoco a Fiume dove l'ardito idealista viene abbattuto dal fuoco se non amico almeno fratello dell'esercito regolare. La Legione fiumana è sconfitta ma chiosa d'Annunzio: «Che m'importa di essere battuto nello spazio se sono destinato a vincere nel tempo».

Ci vuole coraggio per cantare storie come questa. L'accusa beota di sovranismo, anticamera del nazionalismo, a sua volta anticamera del fascismo, è sempre pronta a scattare contro chiunque metta in discussione i dogmi del politicamente corretto e della disumana ideologia tecnocratica sottesa alla attuale Unione europea. Gli IANVA tirano dritto in un territorio dove quasi nessuno ha messo piede e per questo sono tra i gruppi italiani più importanti. Non li vedrete ospiti a X Factor.

E anche questo è un punto a loro favore.

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