Cultura e Spettacoli

"La mia svolta punk rock I tempi sono duri e mi sento sempre puro"

La rockstar 29 volte a San Siro in 29 anni: «Adesso voglio portare un po' di gioia»

"La mia svolta punk rock I tempi sono duri  e mi sento sempre puro"

Vasco mai visto così: «Sei volte San Siro non l'aveva mai fatto nessuno, neanche Vasco Rossi». Risate. Stasera la rockstar italiana più rockstar di tutte inizia un record: sei concerti tutti esauriti a San Siro (un riassunto andrà in onda probabilmente il 16 giugno su Canale 5 con Gerry Scotti come speaker). E ieri sera, proprio di fianco al suo palco alto come un palazzo di undici piani (davvero impressionante) ha parlato di questi show che iniziano con cinque pezzi senza respiro: Qui si fa la storia, Mi si escludeva, Buoni o cattivi, La verità e Quante volte. «Scordatevi la scaletta dell'anno scorso, stavolta sono diverso», dice un Vasco con baffi e pizzetto bianco, occhiali con lenti dorate, battuta sempre pronta alla faccia dei 67 anni stravissuti. «Siamo qui a portare un po' di gioia», spiega appena si siede al tavolo. 29 brani perché finora sono 29 concerti a San Siro in 29 anni. Poi però aggiunge: «Scappiamo via da questo mondo pieno di gente antipatica e cattiva».

Cioè, Vasco, con chi ce l'ha?

«Diciamo che non è il mondo che vorrei e che va sempre peggio».

Inizia il concerto con Qui si fa la storia.

«Nel senso che la disperazione è già qui, la vediamo ogni giorno».

Perciò subito dopo canta Mi si escludeva.

«Un brano ancora attuale. Ho provato a sentirmi un estraneo e non posso dimenticarlo. Oggi c'è una sensazione di malessere, di rabbia, di guerra tra poveri. C'è gente che alimenta la paura».

Si riferisce ai problemi legati alla migrazione?

«Avrebbero dovuto essere capiti già tanti anni fa. Se due terzi del mondo muore di fame, ci sarà sempre un flusso di migranti e bisogna imparare a gestirlo senza perdere umanità».

Poi canta La verità.

«Oggi si dicono palle con la faccia più tranquilla del mondo. E nessuno chiede conto».

Dalle prove, sembra un concerto a volume alto.

«Un concerto punk rock. Direi duro e puro».

Perché duro?

«Perché i tempi sono duri».

E perché puro?

«Perché io sono puro, lo sono sempre stato».

È stato difficile?

«All'inizio la gente mi sputava in faccia, le mie canzoni erano addirittura bandite perché si diceva che diffondessero il male... Senza parlare di voi giornalisti, io tremo ancora quando vedo il mio nome sui giornali perché non so mai cosa leggerò».

Il Vasco che era considerato un testimonial della droga cosa pensa oggi della sentenza della Cassazione che mette fuorilegge la vendita della cannabis light?

«Credo sia una vergogna, la cannabis light non è da mettere tra le sostanze stupefacenti. È un pregiudizio che arriva dal proibizionismo dell'America anni '20. Ma l'ho sempre pensato, mica solo negli anni '80».

Però, Vasco, da allora molto è cambiato.

«Quando c'è stato il mio primo San Siro, nel 1990, è stata come una rivoluzione copernicana. Un italiano in uno stadio da 75mila posti. Un italiano che faceva più biglietti di Madonna».

Lì ha toccato con mano il vero successo.

«Il successo è una cosa straordinaria e conferma che stai facendo la cosa giusta. E la celebrità all'inizio è divertente però poi mi ha fatto diventare ansioso. Non puoi uscire, non puoi andare al bar, non puoi far nulla in privato».

Perciò vive tanto tempo a Los Angeles?

«Là nessuno mi guarda e posso guardare io. Guardare è importante se vuoi scrivere canzoni. Quando il pubblico mi incontra qui in Italia, la prima cosa che mi chiede è di fare un selfie. Io rispondo sempre che sono in rappresentanza del mito e che non sono io per davvero».

Ma è vero che a Los Angeles ogni sabato sera a casa sua c'è un party?

«Sì una festa in piedi, si mangia, si beve, si parla. Ma vado a dormire presto. Ci credete? Non l'avrei mai detto. Prima mi piaceva svegliarmi tardissimo. Adesso vado a dormire al massimo alle 23.30 così mi sveglio alla mattina presto.

Dopotutto sono le stagioni della vita».

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