Cultura e Spettacoli

La moda gender contagia le star

Dopo aver cavalcato ogni sorta di battaglia progressista, dai poliziotti brutti-e-cattivi alle discriminazioni razziali, dalle campagne contro le armi alle famiglie arcobaleno, Shonda Rhimes non poteva che giocarsi la carta del gender

La moda gender contagia le star

Dopo aver cavalcato ogni sorta di battaglia progressista, dai poliziotti brutti-e-cattivi alle discriminazioni razziali, dalle campagne contro le armi alle famiglie arcobaleno, Shonda Rhimes non poteva che giocarsi la carta del gender. Era solo questione di tempo. Così, proprio mentre negli Stati Uniti il delirio woke fa sempre più strage delle libertà, l'ha usata per «ravvivare» la 18esima stagione di Grey's Anatomy. Il figlio adottivo di Owen e Teddy prende a vestirsi da bimba e chiede che ci si rivolga a lui col pronome femminile.

Le piattaforme di streaming (Disney in testa) fanno a gara per inseguire questa tendenza, non tanto per i diritti quanto per assecondare il pubblico (pagante). Si chiama woke capitalism. E non sempre paga. Netflix ne sa qualcosa. Eppure molte star di Hollywood sgomitano per partecipare alla sagra del politicamente corretto. Così succede che a Los Angeles, poco prima di esibirsi sul palco, JLo presenti la figlia 14enne usando il pronome neutro «loro» perché non si riconosce né nel «lui» né nel «lei». Ci sono già passate, già più grandicelle, Elliot Page (la Ellen di Juno) e Demi Lovato. Stupisce? Macché. In un'epoca in cui J.K Rowling viene minacciata di morte per aver difeso il concetto di «donna», la biologia è ormai un'opinione.

È un po' di anni che viene imposta questa ideologia. Più sulle riviste patinate che nella vita reale. Nello stesso calderone c'è finito pure il tema dei «bambini gender variant». Ovvero bambini che esprimono il genere in modo diverso rispetto al sesso biologico. La terzogenita di Angelina Jolie e Brad Pitt, per esempio: nata Shiloh, si sentiva John e come tale si vestiva. Sui giornali si parlò di cura ormonale e transizione. Tutto smentito, poi. Xavier, il figlio 18enne di Elon Musk vuole cambiare genere e cognome, anche se il padre non sarebbe d'accordo.

Tutto questo con le battaglie per i diritti non c'entra nulla. Ognuno a casa propria fa ciò che vuole, e certo per questo non può essere discriminato. Il problema sorge quando una tendenza personale evidentemente minoritaria - si trasforma in totem, in un idolo da adorare sull'altare del politicamente corretto. Ed è quello che sta accadendo.

Ormai un'intera generazione viene bombardata su questi temi. Basti guardare l'incoronazione di Caitlyn Jenner (nato William Bruce) a donna dell'anno o la Barbie dedicata all'attrice (trans) di Orange is the new black, Laverne Cox. Chiunque provi a pensarla diversamente finisce all'indice.

È il caso di Ricky Gervais e Dave Chappelle, messi in croce per aver detto che «si viene al mondo tra le gambe di una donna» e per aver elogiato le «donne all'antica, quelle con l'utero, non le nuove con la barba e le palle».

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