Cultura e Spettacoli

Musica, arte, teatro: le grandi note di Dallapiccola

Un imponente volume dedicato al compositore istriano con documenti inediti tra bozzetti, lettere, fotografie e disegni

Musica, arte, teatro: le grandi note di Dallapiccola

La cortina dell'oblio cala senza sconti quando sopravviene la morte di un compositore. Non sono pochi gli esempi, anche limitandosi al solo panorama italiano: autori eseguitissimi in tutte le sedi, lodati dalla critica, scomparsi nel dimenticatoio. Forse in questa rimozione agisce anche una sorta di reazione agli onori ricevuti in vita, in attesa che il Tempo rimetta le cose a posto. Ma se nel frattempo intervengono mutazioni estetiche e forzature politiche, è difficile immaginare un ritorno nella corrente viva del repertorio anche di compositori del '900 storico della levatura di Alfredo Casella, Gianfrancesco Malipiero e Ildebrando Pizzetti.

Lo stesso vale per le due maggiori figure emerse durante il Ventennio fascista: Goffredo Petrassi e Luigi Dallapiccola. Il primo non ha mai fatto mistero di essere stato valorizzato dalla parte più aperta della cultura fascista (l'ala Bottai, per intendersi), un fatto che il suo amico e collega Dallapiccola negò contro ogni evidenza, pur essendo stato protetto e guidato dal pontefice massimo del regime, Sua Eccellenza Ugo Ojetti e pur avendo scritto un'opera riuscita e politicamente contigua al regime come Volo di notte (1940). Il compositore istriano naturalizzato fiorentino riuscì a non essere sotterrato nel clima partigiano e avvelenato del dopoguerra insistendo su una sua posizione di obiezione al regime (scatenata dalla dolorosa situazione familiare dopo le leggi razziali che colpivano la moglie Laura Coen Luzzatto). Fu un'opposizione solitaria, differente da quella organizzata, per esempio dal Fronte nazionale della Musica nella Francia occupata. Dallapiccola allora scrisse i suggestivi Canti di prigionia; Oltralpe il cauto Poulenc diffondeva in clandestinità un capolavoro ammirato dal collega italiano, il ciclo per coro a cappella Figure humaine, su testo del poeta comunista Paul Éluard, chiuso dal celebre manifesto di Liberté. Questo autoritratto dallapiccoliano in guisa di resistente, dopo il recente informatissimo libro di Luciano Alberti, La giovinezza sommersa di un compositore (Olschki, 2013) suona doloroso e un po' fabbricato.

Da parte sua Mario Ruffini nel suo nuovo Luigi Dallapiccola e le Arti figurative (Marsilio, pagg. 675, euro 80), oltre alla pubblicazione di un imponente e documentato catalogo di tutti gli allestimenti delle opere di Dallapiccola fino al centenario del 2004, insiste su un ritratto originato «dalla consapevolezza dell'importanza storica, musicale, politica e civile che il compositore ha rappresentato per il Novecento italiano, e dall'integrazione fra l'aspetto artistico e quello sociale». L'importanza storico-musicale di Dallapiccola è stata asseverata nelle monografie di Dietrich Kämpfer, Sergio Sablich e Alberti, e nei saggi e nelle antologie critiche di Roman Vlad e Fiamma Nicolodi. Sulla preponderanza dell'aspetto politico-sociale rispetto al musicista sorgono perplessità, essendo stato Dallapiccola compositore profondamente intellettuale, cattolico e moralista, che viveva isolato a Firenze per amore di Dante (Roman Vlad, citato molto opportunamente nell'introduzione di Ruffini, ricordava come Dallapiccola passasse le sue vacanze a Vittoria Apuana in Versilia, passeggiando sulla spiaggia a studiare canti della Divina Commedia «per gustare la poesia a memoria»), guardando oltre le Alpi alla lezione esoterica e taumaturgica della seconda scuola di Vienna. Sorge spontanea una domanda: se il rapporto di Dallapiccola con le arti figurative merita un libro di 675 pagine, cosa potrebbe uscire da un'analoga indagine su Petrassi, grande frequentatore di mostre e collezionista di artisti come Morandi e Casorati, facendo tesoro della passione pittorica ereditata dal suo mai rinnegato Mentore Casella?

Il volume di Mario Ruffini Luigi Dallapiccola e le arti figurative (Marsilio) sarà presentato oggi a Firenze, a Palazzo Vecchio dove sarà annunciato la nascita del centro studi «Luigi Dallapiccola» presso il conservatorio Luigi Cherubini di Firenze.

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