Cultura e Spettacoli

"Noi dj siamo musicisti. Con la forza del rock"

L'olandese nel solo 2014 ha incassato 28 milioni di dollari In dieci anni ha infranto ogni record (e tabù). Oggi torna con un album devastante: "Per abbattere tutte le barriere"

"Noi dj siamo musicisti. Con la forza del rock"

Peccato, quest'anno gli è andata male: ha incassato «solo» 28 milioni di dollari. Per capirci, quattro in meno del 2013. «Ah sì?», spiega lui con nonchalance . Tanto che gli importa: l'olandese dal volto squadrato Tiësto (il nome d'arte Tijs Verwest, 45 anni) è da un decennio nella top ten dei deejay più tosti dei bigoncio, l'unico a finire insieme con l'hardcore Skrillex nella lista dei 100 uomini più influenti del pianeta: «Noi dj siamo ormai membri di una grande comunità globale» Con Tiësto, più che il «cosa» (il suo è uno stile a metà tra house e trance), conta il «come»: e lui in console è aggressivo e ipnotico, meno pop di Calvin Harris e meno romantico di Guetta. E, più che un dj, ormai è un catalogo di record: ha incassato 450mila dollari per una sola serata, è l'unico uomo dopo Sinatra, Elvis ed Elton John ad aver tenuto uno spettacolo al Bellagio Fountain Show di Las Vegas, il primo ad aver suonato un concerto solo per Twitter e quello che ha venduto più copie con un solo disco di elettronica ( Elements of life del 2007). E ora con il nuovo A town called Paradise il bis è dietro l'angolo (l'altro ieri è uscito il nuovo singolo Light Years Away ). Insomma se l'edm, ossia l'electronic dance music, è diventata una delle voci più importanti del fatturato pop, un bel po' del merito è suo: «Ma mi arrabbio ancora quando dicono che i deejay non suonano».

Come non suonano?

«Molti non capiscono il nostro mondo e pensano che i dj si limitino a “mettere” i dischi. Perciò riceviamo molte critiche. Per essere onesti, sappiamo creare musica anche se, in effetti, fare il deejay non è poi così difficile. Ma non lo è neppure suonare la chitarra dopo aver preso lezioni per dieci anni».

Comunque il suo nuovo disco è un altro cambio di marcia: stavolta più potente.

«Gli ho dedicato così tanto impegno che per forza alla fine è diventato corposo e aggressivo»

C'è pure un brano che si intitola Rocky e potrebbe essere la colonna sonora della corsa sulla scalinata di un moderno Rocky Balboa.

«È una canzone molto cinematografica e musicalmente drammatica. Sì, potrebbe pure andar bene per quella scena».

Lei in sostanza mescola elettronica e dance. Una strada aperta quasi quarant'anni fa dai Kraftwerk.

«Chi può negarlo?».

Nessuno allora avrebbe immaginato una evoluzione del genere.

«E nessuno può negare che loro siano i veri inventori della musica elettronica. Hanno abbattuto le barriere e mi ispirano ancora oggi, come credo ispirino tanti altri».

Quindi è anche merito loro se la scena dance è diventata il fenomeno mondiale più esagerato degli ultimi anni.

«E penso che sia soltanto un bene. Finalmente anche negli Stati Uniti questa realtà è arrivata ai livelli più alti».

Ma allora oggi i deejay sono come le rockstar di una volta.

«Beh ormai noi siamo diventati popolari e c'è moltissima gente che non ascolta neanche più rock ma soltanto dance. Per loro in effetti siamo come rockstar».

A proposito, conosce qualche grande deejay italiano, magari Fargetta o Stylophonic o Benny Benassi?

«Certo che sì, sono molto popolari anche fuori dall'Italia e qualche volta ci incrociamo in giro per il mondo».

Le piacerebbe collaborare con qualche artista italiano, magari un rapper?

«No, con i rapper non saprei proprio come fare, non ho mai interagito con quel mondo. Ma con qualche popstar italiana perché no?».

Se dovesse consigliare qualche altro deejay da ascoltare?

«Direi MOTi e Dzeko&Torres: li ho scelti per la mia etichetta perché penso che il futuro della dance elettronica passi da loro».

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