Cultura e Spettacoli

«Non c'erano le condizioni per continuare»

Monaco (Piccoli Editori): «Da mesi provavamo a chiudere il capitolo Fondazione...»

Stefania Vitulli

Antonio Monaco, direttore delle edizioni Sonda di Casale Monferrato e presidente del Gruppo Piccoli Editori dell'Aie, ha votato «Sì» al progetto di NewCo con Fiera Milano per il nuovo progetto di promozione del libro. Vediamo perché.

Un «sì» convinto?

«Certo e la ragione fondamentale è che condivido il fatto che gli editori, in un momento di difficoltà, con indice di lettura in Italia al 42% e caduta libera del mercato dal 2010, mettano la faccia in un tentativo di promozione in cui sono direttamente protagonisti e si occupino di tutto il Paese».

Non si poteva fare a Torino?

«Tutti quelli che hanno votato sì partecipano da 29 anni al Salone. Dall'autunno 2015 proviamo a chiudere il capitolo Fondazione e ad aprirne uno nuovo. A Torino non c'era la volontà. Ci siamo sfilati. Prima dal Consiglio, poi da tutto il resto».

Ma Torino chiude: ci avete pensato?

«Dopo l'uscita dal CdA ci sono arrivate proposte di collaborazione: da Bologna Fiere, da GL Events, da Milano. Potevamo fare queste cose insieme a Torino, ma la condizione era che le amministrazioni pubbliche non fossero i progettisti culturali diretti. Cosa che peraltro non esiste al mondo».

È vero che Aie aveva deciso da tempo quel che ha annunciato solo l'altro ieri?

«Ricevute le proposte di cui sopra, si è creata una commissione trasversale, pluralista ma che avesse le competenze specifiche per valutare progetti di eventi e fiere».

E queste valutazioni sono state comunicate a tutti i soci Aie?

«Con due lettere specifiche e argomenti dettagliati. I piccoli che sono usciti ieri però considerano che un organo che prende questo genere di decisione a maggioranza non agisca correttamente perché si tratta di una decisione straordinaria. C'è sempre qualche singolo cittadino che non è d'accordo con il Parlamento».

Ma e/o e gli altri soci fuoriusciti dicono che è mancata l'informazione corretta.

«Perché ritengono che le implicazioni di questa scelta siano di tale gravità che avrebbero richiesto un diverso tipo di consultazioni. È un disagio che comprendiamo e infatti a settembre faremo una serie di incontri di approfondimento con tutti».

Ma che paure hanno i piccoli che hanno votato contro?

«Tre: avere un ruolo marginale negli spazi di Rho, che danno una sensazione dimensionale diversa dal Lingotto, per alcuni positiva, per altri di contare meno; il dubbio sulla possibilità di esprimere i propri contenuti, valori, identità a un pubblico significativo e interessato; l'ansia del cambiamento, perché lasciamo una realtà, Torino, che aveva un suo consolidato storico importante».

I dissociati torneranno?

«Questo progetto ha fatto scattare meccanismi creativi che la routine aveva azzerato. Se c'è un risveglio di progettazione, alzeremo l'asticella.

Comunque a Più libri più liberi a Roma, da anni il 75% degli editori partecipanti non è socio Aie: come piccoli abbiamo un know-how culturale aperto da sempre a chi non è socio».

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