Cultura e Spettacoli

Paolo Ferrari, il volto e la voce dell'Italia dei buoni sentimenti

Aveva recitato per Zeffirelli, Blasetti, Corbucci e Steno Famoso per uno spot, aveva anche doppiato Bogart

Paolo Ferrari, il volto e la voce dell'Italia dei buoni sentimenti

«Le do due fustini in cambio del suo». E nei Settanta le donne di casa si fidavano della faccia per bene e del piacevole aspetto di Paolo Ferrari, grande del teatro e bravo attore di cinema e tv morto ieri, assistito dalla moglie Laura Tavanti e penalizzato, in vita, dalla pubblicità televisiva d'un detersivo per lavatrici. Tanto che quando Mauro Bolognini cercava l'interprete adatto a doppiare il suo film Fatti di gente per bene, scansò quel nome: il pubblico l'avrebbe identificato col Dash di Carosello.

Per fare uno scherzo al regista, il nonno Riccardo di Notte prima degli esami (1982) sostenne il provino sotto falso nome, e, sentendone soltanto la voce, Bolognini lo scelse a colpo sicuro. «Quando mi presentai, Bolognini capì, mi guardò e disse: sono uno stronzo», sfotticchiava Paolo, nato a Bruxelles il 26 febbraio 1929, figlio del console italiano in Belgio. Talmente iconico, in quello spot che evoca un'epoca in cui chi faceva tv sporcava la sua carriera di attore, da tornare a essere testimonial del detersivo, nel 2008, in una sit-com.

Il suo timbro fermo e suadente, con la dizione ben scandita, che la gran parte degli attori oggi ignora, l'avrebbe portato a doppiare il farfugliante Franco Citti in Accattone di Pier Paolo Pasolini, prestando la voce a un mito come Humphrey Bogart in Casablanca e Il grande sonno; allo charmeur per eccellenza David Niven (Scala al paradiso, 1948), al tenebroso Jean-Louis Trintignant ne Il sorpasso di Dino Risi. Quei toni persuasivi e fondi, li esercitò dagli anni Quaranta ai Settanta, lui che aveva iniziato a 9 anni, debuttando all'Eiar, con un programma radiofonico in cui impersonava il balilla Paolo. Ed è del 1938 il suo debutto sul grande schermo, nella pellicola Ettore Fieramosca di Alessandro Blasetti, uso a calzare stivali duceschi su set.

Negli anni della Seconda Guerra mondiale, per lui ci saranno ruoli in Kean (1940) di Guido Brignone, Odessa in fiamme (1942) di Carmine Gallone, I pagliacci di Giuseppe Fatigati e Gian Burrasca di Sergio Tofano, entrambi del 1943. Nonostante la guerra, Paolo cresce a Roma come adolescente in pieno fermento artistico.

Ha la testa piena di sogni sotto ai ricci biondi, quando, a 16 anni, lo segnerà una tragedia: l'assassinio del fratello maggiore Leopoldo, irriducibile fascista che non voleva togliersi la divisa. «Questa divisa l'ho presa, l'ho portata, ho la coscienza pulita, non la tolgo e accada quel che deve accadere», ripeteva con notevole sangue freddo. Una tempra che gli costò la vita: i partigiani lo annegarono nel lago di Como.

«Era il '45, eravamo sfollati. Una mattina Leopoldo mi salutò, dicendo che doveva andare in un posto. Lo vidi allontanarsi con un uomo, non tornò più. Lo giustiziarono i partigiani. Per me fu uno choc: dormii per cinque giorni consecutivi», raccontava Paolo, che dopo quel trauma tornò sulla scena, teatrale soprattutto.

Le soddisfazioni non sono mancate a quest'artista duttile, che ha recitato diretto da Mario Mattoli in Totò cerca pace (1954); Franco Zeffirelli in Camping (1958), Nunzio Malasomma in Adorabili bugiarde (1958), confermandosi uno dei più dotati caratteristi italiani.

Con l'arrivo del «boom», nei Sessanta, partecipò a Il Mattatore, programma tv animato da Vittorio Gassman, riuscendo a inchiodare il pubblico del piccolo schermo con trasmissioni come Giallo Club, per approdare, nei Settanta, agli sceneggiati e alle mini-serie di grande successo. E' il caso di Nero Wolfe con Tino Buazzelli, dov'era Archie Goodwin, braccio destro dell'investigatore e di Accadde a Lisbona, insieme a Paolo Stoppa: vengono i brividi, pensando alla bravura sottesa a tali nomi.

Ma bisognerà attendere il 1997 per il ritorno di Ferrari in tv, con la serie Disokkupati, dove l'attore incarnava un pensionato. Nel 2000 seguirono Orgoglio (era il marchese Obrifari) e Incantesimo 9 e 10.

Lascia tre figli, tra i quali l'attore Fabio, il Chicco de I ragazzi della III C, e il rimpianto di un'Italia che sapeva di buono.

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