Cultura e Spettacoli

Il piano per cancellare il passato mette a rischio il futuro dell'Occidente

Negli Usa tornano in auge due saggi "profetici" sull'abbattimento delle statue

Il piano per cancellare il passato mette a rischio il futuro dell'Occidente

La storia dell'editoria è ricca di libri premonitori di eventi accaduti negli anni successivi alla loro pubblicazione, talvolta addirittura a decenni o secoli di distanza, alcuni dei casi più recenti sono 1984 di Orwell e Il mondo nuovo di Huxley, citatissimi in questi mesi di libertà precarie. Oppure il saggio Spillover, balzato in cima alle classifiche di vendita perché anticipatore sotto tanti punti di vista di quanto avvenuto con la pandemia di coronavirus. Fil rouge di queste opere è il fatto che, per quanto si rivelino corrette le previsioni degli autori, puntualmente vengono disattesi moniti o suggerimenti. È anche il caso di due libri, usciti nel 2018 e nel 2019 negli Stati Uniti, entrambi editi dalla casa editrice Regnery, che sono tornati in auge dopo la furia iconoclasta degli ultimi mesi e la diffusione della cosiddetta cancel culture, il fenomeno che vorrebbe riscrivere la storia con gli occhi contemporanei e secondo i dettami del politicamente corretto.

Erasing Americ: Losing Our Future by Destroying Our Past, scritto da James S. Robbins, firma del Washington Times e autore di numerose pubblicazioni, ha raggiunto un tale interesse da essere incensato dalla star di Fox News Tucker Carlson che lo ha definito un «libro splendido». «Ricordare gli Stati Uniti?», potrebbe arrivare un giorno in cui nessuno lo farà più. Con lucido realismo, l'autore sostiene che in futuro potrebbero non esserci più monumenti per gli eroi americani, né storie che racconteranno le loro gesta.

Robbins descrive un clima da rivoluzione culturale sempre più pervasivo in cui la sinistra radicale controlla l'istruzione, i media, il Partito Democratico e «cerca di demolire e attaccare incessantemente il passato americano per controllare il presente». Lo scrittore denuncia il tentativo di «cambiare i legami storici, culturali e spirituali della nostra nazione», parole che sembrano scritte oggi ma nascono in realtà da una serie di episodi avvenuti negli anni passati; dalle accuse di razzismo e sessismo ai canti di Natale, all'attacco delle istituzioni del Simmons College in Massachusetts nei confronti dell'espressione «Dio ti benedica» poiché giudicata una «microagressione islamofoba».

Una vera e propria guerra alla storia, citando il titolo del libro The War on History: The Conspiracy to Rewrite America's Past scritto da Jarrett Stepman, editorialista di The Daily Signal, il giornale online della Heritage Foundation, che non usa giri di parole per definire chi attacca le statue e la memoria: vandali.

Stepman centra il punto della questione: il vero obiettivo non è abbattere fisicamente le statue ma i valori che rappresentano poiché la volontà alla base della furia iconoclasta è «smantellare l'America sostituendo la società libera con un'utopia socialista».

La riscrittura della storia si concretizza attraverso una guerra culturale ai simboli dell'America a partire da Cristoforo Colombo, passando per il giorno del ringraziamento e i padri fondatori. Ma la guerra culturale non si limita a questo e prende di mira una serie di valori e simboli che sono politicamente rappresentati dal mondo repubblicano e da Donald Trump come l'attacco al «common man», al patriottismo, al Sud. Diventano così evidenti le finalità politiche avvicinandosi un appuntamento epocale come le elezioni presidenziali in autunno che rappresentano uno spartiacque tra due diverse visioni del mondo: da un lato chi ritiene l'identità un valore primario da conservare e salvaguardare, dall'altro chi vorrebbe cancellare qualsiasi forma di memoria storica.

Leggere i libri di Robbins e Stepman diventa in questo contesto un esercizio necessario per avere ben chiaro in quale direzione i fautori della cancel culture vorrebbero portare l'Occidente, sta a noi impedirlo a partire da una controrivoluzione culturale.

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