Cultura e Spettacoli

Quando la critica non è in grado di criticare

«Presi singolarmente, non facevano mistero della loro ignoranza, strisciavano devoti, prendevano per buona ogni possibile verità e nella loro miseria imploravano soltanto di essere risparmiati di fronte a terzi, davanti ai quali non volevano perdere la faccia. Sul giornale del giorno dopo si leggevano con stupore giudizi e idee che il giorno prima avevano ricevuto in dono, in un tono sicuro di sé, come se fossero tutta farina del loro sacco. A quel punto di sentivano di nuovo i padroni, i superiori (come diceva Mahler), i soci della s.r.l. Potenza Mondiale, e si veniva redarguiti.» La categoria impietosamente descritta da Arnold Schönberg in un articolo del 1909 è quella della «critica musicale», spesso ostile o disinformata verso il fondatore della seconda Scuola viennese (soprattutto nella capitale austriaca). Le riflessioni (incluse nella raccolta di abbozzi diaristici Leggere il cielo, a cura di Anna Maria Morazzoni (Il Saggiatore), sui cui contenuti tematici e poetici torneremo nella successiva rubrica, ci hanno ricordato come, nei quasi centodieci anni trascorsi dall'articolo di Schönberg, le cose non siano migliorate. «Critici dello stato d'animo per necessità» imperversano, raccolti in camarille dove i giudizi diventano inappellabili nel circolo della chiacchera. E dietro l'angolo si potrebbero rileggere bestialità come quella che imputava al sommo maestro De Sabata il non approfondimento della partitura del Sansone e Dalila. Quando De Sabata incontrò l'avventato critico gli domandò come cominciasse quella partitura. Silenzio.

«Allora, è lei che non ha approfondito!».

Commenti