Cultura e Spettacoli

Quando i nazisti corteggiavano il Duce

La nostra iniziativa editoriale

Quando i nazisti corteggiavano il Duce

Sarà nelle edicole da domani, in abbinata facoltativa con il Giornale al prezzo di 9,90 euro oltre al prezzo del quotidiano, il libro di Renzo De Felice Mussolini e Hitler. I rapporti segreti 1922-1933 con documenti inediti. È il quinto volume della nostra iniziativa editoriale dedicata a «Hitler e il Terzo Reich», iniziata con l'opera di William Lawrence Shirer.

Allo stato delle fonti, i primi a prendere l'iniziativa di cercare un contatto tra fascisti e nazionalsocialisti furono i tedeschi. Né la cosa può meravigliare. Nel 1922 Hitler era ancora un oscuro agitatore e il suo movimento era praticamente limitato alla Baviera. Non vi è dunque nulla di strano nel fatto che Mussolini non ne conoscesse l'esistenza o, almeno, non lo considerasse un personaggio con cui valesse la pena avere rapporti. Per Hitler era invece tutto il contrario. Mussolini, infatti, era già una personalità di rilievo della vita politica italiana ed era noto anche all'estero, se non altro per l'esecrazione che verso di lui dimostrava la stampa socialista e comunista e per gli echi delle imprese fasciste. Da qui l'interesse con cui sin dal '21 Hitler aveva seguito gli sviluppi del fascismo e la sua via via crescente ammirazione per Mussolini.

In questa prospettiva il fatto che l'idea di inviare da Mussolini un proprio emissario, Kurt G.W. Lüdecke, sia stata di Hitler o gli sia stata suggerita dallo stesso Lüdecke è praticamente irrilevante. Ciò che importa è che egli autorizzò la missione e che ciò avvenne nella seconda metà del settembre '22; prima dunque della «marcia su Roma»; e ancor più importa che essendosi conclusa la missione con un nulla di fatto ed essendo emerso chiaramente dal colloquio che Lüdecke ebbe in ottobre a Milano con Mussolini che il «duce» si rifiutava di considerare la questione ebraica un problema reale per l'Italia e, soprattutto, che per lui l'italianità dell'Alto Adige era fuori discussione, non solo Hitler incaricò qualche mese dopo Lüdecke di una nuova missione in Italia, ma, per spianargli il terreno e raggiungere un accordo politico (l'appoggio o la neutralità italiana in caso di un conflitto franco-tedesco) ed economico (aiuti in denaro) con il nuovo governo italiano, lo autorizzò a dire a Mussolini e a far sapere all'opinione pubblica italiana che i nazionalsocialisti si sarebbero disinteressati dell'Alto Adige e, per rendere più credibile quest'assicurazione, si affrettò a fare pubbliche dichiarazioni in merito e ad avviare un'azione per predisporre il partito nella sua grande maggioranza tutt'altro che ben disposto verso l'Italia e lo stesso fascismo a non osteggiare troppo duramente questa sua svolta.

Il secondo incontro di Lüdecke con Mussolini avvenne a Milano, probabilmente il 10 settembre '23, ed ebbe un seguito nella notte successiva sul treno che riportava il «duce» a Roma. Mussolini fu affabile, ma, come Lüdecke ha scritto nelle sue memorie, «era evidente che non voleva impegnarsi in alcun modo». Né a Roma Lüdecke riuscì più a vedere Mussolini, sicché dovette accontentarsi di essere ricevuto dal suo capo di gabinetto Giacomo Barone Russo, che mostrò di interessarsi alle sue avances, ma «non offrì alcun aiuto o particolare impegno». Sicché, in pratica, la missione dell'inviato di Hitler dovette limitarsi ad una serrata azione presso la stampa fascista e fiancheggiatrice romana per influenzarla in senso favorevole al nazionalsocialismo.

In questa direzione Lüdecke sembrò in un primo momento ottenere risultati non del tutto trascurabili. Riuscì ad influenzare in qualche misura Il Corriere italiano e L'epoca e a far parlare di Hitler anche da L'Idea nazionale e da Il Messaggero. Oltre alla possibilità di poter egli stesso illustrare ampiamente le tesi hitleriane, il maggior successo conseguito da Lüdecke fu quello di far intervistare dagli inviati de Il Corriere italiano e de L'epoca Hitler. Delle due interviste la più importante politicamente fu quella rilasciata a Leo Negrelli, de Il Corriere italiano. In essa infatti Hitler affermò di star conducendo «una lotta disperata per far capire qui che fra l'Italia e la Germania la questione dell'Alto Adige non deve affatto costituire elemento di discordia fra i due paesi».

Fu probabilmente proprio questo atteggiamento di Hitler che indusse 10 giorni dopo il Negrelli a scrivere un articolo che lasciava trasparire simpatia per il leader nazista.

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