Cultura e Spettacoli

La rinascita della regina rock "Freddie avrebbe approvato"

Antologia di successi e concerti per i Queen. Brian May e Roger Taylor: "A Mercury piacerebbe vederci suonare dal vivo. E ci sono altri brani inediti nel cassetto"

La rinascita della regina rock "Freddie avrebbe approvato"

Mica finisce qui, figurarsi. Anzi: «Freddie sarebbe contento di sapere che la macchina va ancora avanti». C'è chi dice no e chi preferisce il forse: invece i Queen sono per il sì. Resistere, resistere, resistere. Non se ne vanno, non scelgono la pensione, sono la «regina fenice» come l'araba, rinascono quando meno te l'aspetti.

Dopo quasi quarantacinque anni, centinaia di milioni di copie vendute, lutti e abbandoni, critiche e applausi divisi a metà, Brian May e Roger Taylor non mollano, argomentano e progettano e chissenefrega se sono più vecchi e forse più cinici: «A Freddie (lo chiamano sempre così - ndr) non dispiacerebbe vederci dal vivo e noi siamo molto più bravi a suonare di quanto lo fossimo trent'anni fa». Ora sono una band a geometria variabile e lo hanno confermato ieri in un albergo qui in Potsdamer Platz presentando Queen Forever , doppio cd gonfio di supersuccessi come Somebody to love o Crazy little thing called love e di brani imprevedibili o inediti. Ad esempio il più chiacchierato e atteso duetto della storia del rock, quel There must be more to life than this che Freddie Mercury e Michael Jackson hanno registrato nel 1981 e ora è stato pubblicato con la firma del produttore William Orbit.

«Abbiamo incontrato Michael Jackson tante volte, era un nostro fans e ci consigliò persino di pubblicare Another one bites the dust come singolo negli Stati Uniti», ricorda Brian May, che ha i lunghi riccioli bianchi da 67enne ma il sorriso identico a quando suonava all'Imperial College di Londra: «Un giorno venne Roger e iniziò a trafficare sulla batteria della jazz room. L'ho sentito suonare e ho capito che non avevo mai incontrato un batterista così». Dopo oltre mezzo secolo di gloria e dolori sono ancora qui nella band a geometria variabile che, dopo Freddie Mercury e Paul Rodgers, ora ospita alla voce Adam Lambert, che a 33 anni conserva la potenza e i toni barocchi del suo idolo, ma non il carisma. Perciò è quasi tenero, lui seduto sul trespolo del Ritz Carlton davanti alla stampa mondiale, mentre ascolta i suoi compagni parlare di quando Jeff Beck ed Eric Clapton andarono ad ascoltare Jimi Hendrix a Londra «e poi invece di tornare a bere al pub corsero in cantina a esercitarsi per migliorare e non fare figuracce dopo quello che avevano sentito». O quando annunciano che «del duetto con Michael Jackson c'è un'altra versione, registrata durante il Victory Tour dei Jacksons nel 1984».

Lui aveva neppure tre anni. E forse non era neppure nato quando tutta la band registrava o componeva «altri frammenti di musica mai pubblicata» al quale i due superstiti effettivi non hanno ancora «iniziato a lavorare». Quindi prepariamoci: arriveranno altri brani nuovi dei Queen, inediti o perlomeno imprevedibili, frutto di una carriera enorme e di una band che aveva più tentacoli creativi di quanto allora potesse sembrare. «Siamo forse l'unica band i cui tutti i membri hanno scritto un brano che è finito al primo posto della classifica», massimizza Brian May. «Siamo stati sempre diversi così non abbiamo annoiato il pubblico» minimizza Roger Taylor che, per i pochi che non lo sapessero, è il batterista che riesce a essere riconoscibile persino nel beat facilissimo di We will rock you .

In effetti pure Love kills , l'altro inedito di Queen Forever insieme con la più prevedibile Let me in your heart again , è fatto per non annoiare visto che profuma di dance, è frutto della collaborazione con Giorgio Moroder e conferma quanto hanno detto loro due ieri per l'ennesima volta: «Freddie non si mostrava mai arrogante, si comportava tutt'altro che da dittatore ed era un tipo che ascoltava di tutto, da Little Richard all'opera lirica». E forse questa, oggi dopo così tanti anni è la fortuna di Brian May e Roger Taylor: non essere obbligati a tenere una rotta ben precisa. In sostanza, suonano all'Hammersmith di Londra per i nostalgici dei Queen prima maniera ma possono anche esibirsi, come hanno fatto la scorsa settimana, a X Factor Uk con il nuovo cantante e accorgersi che, nonostante tutto, «siamo sempre diversi, ancora in crescita, mai soddisfatti». Magari incideranno qualche canzone nuova con questo peperino americano vestito di pelle nera che gira calzando stivali pitonati, come Slash negli anni Novanta.

Oppure continueranno semplicemente a esibirsi dal vivo come fanno ormai da anni. «Quando il nostro amico è morto - dice Brian May - ho creduto che non avrei mai più suonato la mia chitarra di fronte alle platee oceaniche alle quali mi ero abituato. Invece sto tornando a farlo perché l'ultimo tour in America, Giappone e Australia è stato davvero imponente». In Italia si esibiranno il 10 febbraio al Mediolanum Forum di Assago.

Magari il merito è delle loro canzoni che, come dice qualcuno, dopo così tanto tempo «sono ancora sexy».

Oppure, più semplicemente, perché i bei suoni non muoiono finché c'è qualcuno che li tiene accesi e pazienza se, nella fiamma, brucia sempre un po' di nostalgia.

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