Cultura e Spettacoli

La satira nell’epoca post Cav? Solo Crozza ci mette la faccia

Su La7 show strepitoso su governo, evasione, Bossi, Formigoni e Hollande. Senza il ditino alzato della coppia Fazio-Saviano

La satira nell’epoca post Cav?  Solo Crozza ci mette la faccia

I fardelli d’Italia sono tanti, coloriti e fantasiosi. E Maurizio Crozza se li carica tutti nel repertorio. Il presidente Napolitano con i costi del Quirinale che superano quelli della Casa Bianca e doppiano quelli dell’Eliseo. Il robot Mario Monti, che ha un debole per le accise sulla benzina. Pierluigi Bersani: «Non è che se Rosy Bindi la vesti col lattex diventa Lady Gaga». E Umberto Bossi: «In fondo poteva andare peggio, si potevano fare più figli...». Se l’antipolitica avanza è colpa dei politici, è vero. Ma è anche colpa nostra se l’Italia, Paese di santi, poeti e navigatori, si è fatta conoscere nel mondo per il comandante Schettino. I fardelli e le zavorre che frenano lo sviluppo e ci consegnano l’ultimo posto in Europa per la crescita del Pil si trovano anche nella gente comune, tra i piccoli truffatori, gli assenteisti, gli evasori seriali. Come il Gianfranco Frugnaro - «vendo oro ma risulto zampognaro» - della straordinaria saga «Finanzieri e evasori» intonata sulle canzoni di Battisti. O il custode di un cimitero nel Cesenate, costui realmente esistito, che per decenni ha timbrato il cartellino senza sgarrare di un minuto: peccato l’abbiano arrestato perché si era portato a casa la macchina che registrava l’arrivo sul posto di lavoro.

L’altra sera La7 ha trasmesso il primo dei due spettacoli che Crozza ha tenuto al Teatro Smeraldo di Milano. Titolo: Fardelli d’Italialand, share dell’8,2 per cento, 2 milioni e 200mila spettatori. Non c’era l’attesa dell’evento come una settimana fa per Fazio&Saviano. E non c’era la mission pedagogico-costruttiva di Quello che (non) ho. Ma su quale dei due show abbia più ricreato lo spirito dei telespettatori ci sarebbe da discutere. Crozza non ambisce a riparare le parole né celebra riti solenni. E nemmeno attribuisce alla satira un significato catartico, profetico, liberatorio. Prive dei toni lividi di Sabina Guzzanti o della ripetitività di Antonio Cornacchione, le sue caricature «arrivano» senza bisogno decodifiche. Come il François Hollande che si esprime in un francese maccheronico e manda a quel paese Bersani e Grillo. O la new entry Roberto Formigoni in giacca arancione come fosse «un croupier slavo», inseguito dai giornalisti dei quali evade le domande perché è risaputo che «la Lombardia è un’eccellenza».

Il lavoro degli autori che elaborano e rielaborano testi e personaggi si vede a occhio nudo. Anche se qualche caduta si registra quando a Ballarò ritornano le stesse gag degli show a teatro. Oppure quando si attingono le battute da Twitter. È capitato anche a Luttazzi di copiare. Ma, a differenza di altri suoi colleghi, il comico genovese non si è mai troppo impantanato in crociate apocalittiche contro «quello che c’era prima... sì, quello lì, come si chiama... non mi ricordo mai il nome...». E forse proprio questo gli ha permesso maggior agilità nel rinnovarsi, nell’individuare nuovi bersagli e cogliere il sentimento dell’Italia post-berlusconiana.

Non che manchino le frecciate all’ex premier. Mentre prosegue le sue attività serali ad Arcore, il Cav detta via auricolare ad Alfano una linea politica farcita di doppisensi nemmeno tanto impliciti. Ma il tocco è leggero e la parodia, più che acida e sferzante, è cameratesca e partecipe. Ci siamo dentro tutti, in questo modo di essere, in questo costume cialtrone e genialoide - «ma i veri geni sono quelli come Mozart» - tipico di «Italialand, la penisola che non c’è. Anzi c’è, ma non risulta al catasto». Questa italianità è così trasversale agli schieramenti che contagia tutta la politica, governi di destra e sinistra. Prima, per esempio, la finanza «dov’era?» chiede in coro la platea imbeccata dal comico. E il «prima» riguarda tutti, da Prodi in poi passando per Bersani, Brunetta e Tremonti. Poi arriva uno che senza far proclami manda la finanza a fare i controlli, semplice no? Neanche Monti, però, è senza macchia. Non ha altre idee che aumentare le accise sulla benzina per pagare i costi delle emergenze, tipo la guerra d’Etiopia. E nemmeno il fratellone Grillo si salva. «Beppe ha detto che Bossi è uno statista. Come si fa a dire una cosa così?».

Però, l’affondo è lieve: «Cosa vi pare, faccio il comico e sono di Genova: cosa ne dite se fondo un partito?».

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