Cultura e Spettacoli

Se entrate nel "Motel voyeur" di Gay Telese quel che conta è la letteratura non la verità

Lo scrittore americano racconta l'essere umano. Al di là della cronaca

Se entrate nel "Motel voyeur" di Gay Telese quel che conta è la letteratura non la verità

Quante polemiche da quando Tom Wolfe fondò il new journalism, riguardo alla veridicità dei fatti raccontati nel tal libro, che non sarà un romanzo, ma neppure un saggio. Per cui ogni volta si sta lì a chiedersi se è vero o meno quanto l'autore racconta. In Italia diatribe simili sono rifiorite una decina d'anni fa, con i nostri piccoli critici divisi su quanto fosse fiction, fictual o factual, questioni da far sbadigliare anche i cani. L'ultima baruffa invece è scoppiata negli Stati Uniti, in merito al nuovo romanzo di Gay Telese, Motel Voyeur (appena pubblicato da Rizzoli), attaccato dal Washington Post perché sarebbe mezzo inventato. La storia è semplice: Talese riceve la lettera di un uomo, tale Gerald Foss, il quale gli racconta di aver acquistato il Manor House Motel, nei pressi di Denver, e di averne modificato il condotto di aerazione al fine di spiare i comportamenti sessuali dei clienti (una pratica che andrà avanti dagli anni Sessanta agli anni Ottanta). Da qui Talese, al principio perplesso, decide di incontrarlo, e partecipa a delle sessioni di spionaggio, dove si assiste perfino a un omicidio. Il fine di Foss, a parte quello personale e masturbatorio, sarebbe quello di indagare sui costumi sessuali degli americani, per cui assistiamo alla descrizione di coppie sposate che fanno sesso svogliato, coppie di lesbiche, coppie di omosessuali maschi, triangoli e ammucchiate, vibratori e travestimenti di ogni tipo, e perfino, appunto, all'assassinio di un uomo.

Gerald Foss è una specie di KrafFt-Ebing, lo psicologo austriaco autore della Psychopathia Sexualis, che però vuole spiare e scrivere per tenere tutto per sé, salvo poi contattare uno scrittore perché renda pubblico il materiale. Nutrendo pensieri di liberazione dell'umanità, tipo questo: «Se i ricercatori e la gente in genere avessero la capacità di guardare dentro le vite private degli altri (...) e di accertarsi con precisione di quanta percentuale della gente normale indulge nelle cosiddette deviazioni, la loro posizione cambierebbe all'istante».

Libro quasi ottocentesco, non così up to date ai tempi di internet, dove le telecamere nascoste hanno sostituito gli appunti, e le categorie «voyeur» e «hidden cam» sono tra le più cliccate, e gratis. Infatti le parti più interessanti delle memorie di Foss non sono le scene di sesso spiato, ma il vuoto dell'umanità e dei rapporti interpersonali. Mogli annoiate, mariti annoiati, amanti annoiati, perché nel Motel ci si va spesso in vacanza, e «le vacanze producono tutte le forme d'ansia e spingono a tirarle fuori, e a dar seguito alle peggiori emozioni». Nelle centinaia di persone spiate, al di là delle pratiche sessuali (alla fine sempre le solite, e un millesimo di quante ne aveva catalogate De Sade), è comune una sorda disperazione, un'incomunicabilità devastante. «Questa è la piaga del corpus umano» scrive ancora Foss, «e sono sicuro che la risposta sia che se la miseria del genere umano fosse rivelata tutta insieme, spontaneamente, ne seguirebbe un genocidio di massa». Che siano veri o meno gli appunti di Foss cambia poco, almeno in letteratura: la storia di Foss raccontata da Talese si legge come un thriller, e tanto basta. Ma il fact-checking è una delle fissazioni del new journalism: addirittura, dopo le verifiche del Washington Post, dove risulterebbe come lo stesso scrittore sia stato preso in giro da Foss, Talese avrebbe deciso di non promuovere il libro, ma andiamo, cosa te ne frega se ti ha preso in giro oppure no.

Sappi, Talese, che da noi il giornalismo verità si chiama giornalismo Chiagn'e fotti, massimo esponente Roberto Saviano, che dopo il copia e incolla di Gomorra ci ha fatto pure una serie tv.

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