Cultura e Spettacoli

Se i giornali fanno a gara per rendere felice Veltroni

Anche oggi che il veltronismo è tramontato, la stampa italiana continua a esaltarsi, segno di quanto allora non fosse affatto un regime, un omaggio obbligatorio

Se i giornali fanno a gara per rendere felice Veltroni

Credevate che il veltronismo culturale fosse una prerogativa di chi traeva benefici dal Walter Veltroni sindaco o segretario del Pd? Quando tutti erano lì a dire che capolavori fossero quei librini che uscivano stampati in quello che è diventato il «corpo Veltroni» dei caratteri, utile per riempire una paginetta con cinque righe? Credevate non ci credessero davvero? All'Africa, a Kennedy, al cinema acqua e sapone, a quando c'era Berlinguer? Che fossero tutti, giornalisti, attori, registi, critici, pronti a elogiare ogni operina per forza? Invece no, anche oggi che il veltronismo è tramontato, la stampa italiana continua a esaltarsi, segno di quanto allora non fosse affatto un regime, un omaggio obbligatorio, anzi. Insomma, in occasione dell'uscita del film documentario di Veltroni Indizi di felicità, ogni giornale si è messo in adorazione, dal primo all'ultimo, siccome c'è libertà di stampa e quindi si è liberi anche di cantare in coro quant'è bravo Walter. Tipo lo celebra Natalia Aspesi su Repubblica, perché è sensibile, perché è così commovente, e del resto Walter ha «una carriera lunghissima con certe esperienze di grande intensità che ha vissuto come una missione bellissima», e chissà dove viene fuori questa intensità, e come fa, e perché.

Come fa, in realtà, ce lo spiega Massimo Gramellini sul Corriere della sera, come abbiamo fatto a non pensarci prima: «Il suo racconto a ciglio asciutto è in grado di spremere acqua dagli occhi di un cinico e rappresenta l'apoteosi di un film che punta sulla forza evocativa delle parole». A ciglio asciutto ti spreme acqua dagli occhi e è un'apoteosi, cosa può esserci di più bello? Una cipolla su un altare? O forse, come dice Il Fatto quotidiano, è «quella felicità che emerge quando non ce lo si aspetta»? Quella felicità che ti prende quando Veltroni parla di felicità? Oppure, come dice perfino il bravo Mattia Feltri su La Stampa, «è la piccola vacanza di centotré minuti buona a rivalutare il mondo e rivalutare sé»? Allora vuoi vedere che quando usciva il librino e tutti lo paragonavano a Shakespeare, a Platone, a Dostoevskij ci credevano davvero? Vuoi vedere che non ci hanno mai fatto, ci sono proprio?

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