Cultura e Spettacoli

Simona Benedetti in cerca del Bello

La giovane pittrice viterbese nelle sue opere è maestra di realismo

Emanuele Ricucci

Le mani dei vecchi, gli occhi delle creature, i volti nell'attimo. Un realismo sorprendente quello di Simona Benedetti, giovane pittrice viterbese, originaria di Nepi, formatasi a Viterbo. Una narrazione dicotomica del quotidiano divenire, compresa tra il Divino e il terreno, accompagna i suoi lavori, e si pone da un lato nei significati - il Sacro, l'Assoluto, l'Eterno, il Bello, come fine ultimo, sono assoluti protagonisti -, dall'altro, nell' estrema ricercatezza tecnica che modernizza il senso proprio della pittura classica, così fortemente evocata dalla Benedetti, con inquadrature del soggetto sulla tela che richiamano alla cinematografia sfumatura di quel volto piegato dall'emozione, nei primi piani del neorealismo nostrano, eco di Anna Magnani - e alla fotografia nei volti di Steve McCurry -, nei grandi occhi, porta dell'uomo, immancabili nelle sue rappresentazioni umane, e con una scelta cromatica che genera contrasti, che si esprime in una pennellata marcata, offrendo un'opera fortemente materica. Una pittura completa che intercorre agilmente tra il chiaro/scuro, il dinamismo, la rigorosa geometria ed ambienti che fanno eco ai grandi, come Van Gogh, in Sapori di casa mia, olio su tela. Una produzione che, però, non è sempre esaltazione metafisica; forte è la contemplazione dell'attualità, come in Umanità spezzata in cui si rievoca il conflitto tra Israele e Palestina.

Nel pennello della Benedetti vive un sentimento degno, una simbologia concreta, una tecnica limpida che, fortunatamente, si allontanano dallo Sgunz, per dirla con Angelo Crespi, e viaggiano verso una dimensione più pura dell'arte.

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