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Vi racconto il vero Bignami e il suo "bignami" dell'universo

Fra una birra e un tweet in cui spiegava stelle e buchi neri fu un celestiale divulgatore. Esce ora il suo ultimo libro

Vi racconto il vero Bignami e il suo "bignami" dell'universo

Io e l'astrofisico Giovanni Bignami eravamo grandi amici, e questa è la recensione al suo ultimo libro che mai avrei voluto scrivere, la recensione che lui non potrà mai leggere, perché Nanni (così lo chiamavamo tutti) è morto lo scorso maggio, stroncato da un infarto, proprio poco prima di aver ultimato appunto Le rivoluzioni dell'Universo (edito da Giunti e curato dalla moglie Patrizia Caraveo, anche lei nota astrofisica), in libreria in questi giorni.

Un libro che conosco a menadito perché Nanni me ne mandava i capitoli man mano che li buttava giù, e ne discutevamo durante numerosi aperitivi a Piazza Esedra a Roma, a base di birra e rum (lui birra, io rum), parlando di stelle, di galassie, di materia oscura, di Einstein e dei gatti di Schrödinger (e anche di donne). A volte ci divertivamo a fermare i passanti per chiedergli a bruciapelo: «Quanti anni ha la vita sulla Terra?». Oppure: «Da quanti c'è Homo Sapiens?». Stupendoci ogni volta delle risposte assurde, dell'ignoranza scientifica su questioni basilari.

Era un sodalizio speciale il nostro: io uno scrittore interessato ormai a parlare solo con gli scienziati (i letterati sono fermi al Medioevo), lui uno scienziato interessato a avere un amico scrittore che ritiene la scienza fondamentale per scrivere romanzi. Non era uno scienziato qualsiasi, Nanni: il più simpatico, il più brillante, il miglior divulgatore italiano, a tal punto che Piero Angela lo prese come ospite e consulente fisso. E nel mio piccolo anch'io. Per esempio Nanni scriveva su Repubblica, e un giorno mi chiamò scandalizzato: «Hai visto che cazzate ha scritto Scalfari sulle onde gravitazionali? Perché non ci fai un pezzo?». Non me lo feci ripetere due volte, e lui mi aiutò mandandomi punto per punto l'analisi delle cazzate cosmiche del Fondatore.

In questo suo nuovo libro Nanni racconta l'Universo dalla A alla Z («un bignami dell'universo», amava definirlo), si legge come un romanzo dei più avvincenti, e si apre con la citazione della sigla di The Big Bang Theory (mio suggerimento, sebbene non sia mai riuscito a fargliela vedere, odiava le serie tv). Ma lui aveva fatto di meglio della sigla, raccontando l'Universo in un tweet: «Gran botto, poi stelle, molecole, pianeti, Darwin e noi, tredici miliardi di anni dopo. E domani? Più difficile, ma proviamo».

Nanni vi parla di mille cose sensazionali, di come scoprì la stella di neutroni Geminga (che in milanese suona come «Non c'è mica!»), di Penzias e Wilson che captarono, per caso, la radiazione di fondo a microonde dell'Universo (la prima luce dell'Universo), perfino di scoperte fasulle, come quella dei batteri che respiravano arsenico; vi spiega, con leggerezza e humour, cosa sono i neutrini, cos'è la materia oscura o come abbiamo fatto a captare le onde gravitazionali di due buchi neri che si sono fusi un miliardo di anni fa, ulteriore conferma della teoria della relatività di Albert Einstein (lettura consigliata quindi a Eugenio Scalfari).

Gli argomenti non finiscono mai perché negli ultimi 58 anni («cioè un niente: un paio di giri di Saturno intorno al Sole») è successo molto più, per la conoscenza dell'Universo e della materia, che nei quattrocento anni trascorsi dalla rivoluzione galileiana. Ma soprattutto è un libro d'avventura: vi racconta una per una le missioni su Marte, su Venere, su Titano, e si appassiona ancora di più per quella che era la sua ossessione: trovare esopianeti (pianeti al di fuori del sistema solare), considerando che quando Nanni iniziò la sua carriera di astrofisico erano solo un'ipotesi (ne era già convinto Giordano Bruno, bruciato per aver solo pensato a «infiniti mondi») e oggi ne contiamo circa 5000. Siamo a un passo dallo scoprire una Terra 2.0.

Di marziani su Marte neppure l'ombra, ma Nanni vi sorprende con un'idea scientifica affascinante: la vita potrebbe essere cominciata prima su Marte, più di quattro miliardi di anni fa, sotto forma di batteri, i quali poi avrebbero preso un passaggio per la Terra a bordo di sassi strappati da asteroidi. Insomma: i marziani siamo noi (titolo, per altro, di un altro suo bellissimo libro). Invece dimenticatevi omini verdi e dischi volanti: non esistono.

Eclettico e interdisciplinare, Nanni mette insieme biologia, genetica, evoluzione, meccanica quantistica, astrofisica, per narrarvi ciò che sappiamo dell'Universo dai quark alle galassie, dal primo batterio primordiale all'ultimo Homo Sapiens, e va oltre, fino alla fine di tutto. Tra un miliardo di anni (non per il global warming ma a causa del Sole, che sarà del 10% più brillante di oggi) la vita umana sulla Terra sarà impossibile. Fra 3,5 miliardi di anni non ci sarà più una goccia d'acqua negli oceani. A lungo andare, non resterà più nulla. E non solo sulla Terra. L'ultimo capitolo, intitolato «Il futuro dell'Universo, della Terra e di homo sapiens» ha infatti un'avvertenza: «ATTENZIONE: la lettura di questo capitolo può essere pericolosa per la salute mentale. L'autore declina ogni responsabilità».

Il pensiero è dei più inquietanti, per quanto il tempo sia lunghissimo: 100.000 miliardi di anni. Quando non resterà più niente, quando tutto sarà come se niente fosse mai stato, perché siamo fatti di materia e anche la materia ha una data di scadenza. Si chiama morte termica dell'Universo. E dunque, in un giorno lontano lontano: «non più stelle e pianeti o galassie, non più neanche buchi neri brancolanti nel buio: rimarranno solo componenti elementari (fotoni, neutrini, ecc.) come quelli che comparvero subito dopo il Big Bang, congelati nella morte termica dell'Universo stesso.

Sarà meglio non esserci a un finale simile, per morire senza stelle».

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