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Addio Masopust spaventò il Brasile e conquistò il Pallone d'oro

C'era una volta il Dukla Praga, squadra affascinante di un calcio che sembrava lontano. Maglia gialla, maniche rosse e un campione che salì alla ribalta improvvisamente nel 1962: Josef Masopust. Centrocampista dai piedi buoni, uomo assist capace anche di andare in gol, Masopust fu vicecampione del mondo in quell'anno in Cile e soprattutto conquistò il Pallone d'oro davanti a stelle come Eusebio e Schnellinger.

Masopust è morto ieri a Praga a 84 anni e la Repubblica Ceca si è ricordata di aver vissuto grandi momenti nel calcio: Planicka, Masopust, Panenka, Nedved, Cech, il filo conduttore del football boemo che ogni tanto tocca picchi di tutto rispetto. Josef Masopust fa parte di questa storia, fedele al Dukla per sedici anni (386 partite e 79 gol), dal 1952 al '68 quando finalmente la squadra dell'esrcito cecoslovacco lo lasciò libero di chiudere la brillante carriera all'estero, in un piccolo club belga, per guadagnare qualche soldo a 37 anni suonati, mentre il suo Paese veniva soffocato dall'invasione societica.

La storia di Masopust, però, oltre che con quella del Dukla, si intreccia con il grande mondiale che la nazionale cecoslovacca giocò in Cile nel '62. I boemi infatti furono la vera sorpresa di quell'edizione, si qualificarono in un girone difficilissimo battendo 1-0 la Spagna di Puskas, Suarez e Gento e pareggiando 0-0 col Brasile che avrebbero ritrovato in finale. Poi buttarono fuori l'Ungheria (1-0) nei quarti e la Jugoslavia (3-1) in semifinale, grazie soprattutto a un calcio pragmatico e alle prodezze del portiere Scrojf. Il cervello di quella squadra era proprio Masopust, mediano elegante, capace di proiettarsi anche in gol, come avvenne nella partita più importante e impensabile della sua carriera: raccogliendo un passaggio filtrante di Pospichal, Masopust anticipò l'uscita di Gilmar e segnò l'1-0 per i cechi. Nello stadio di Santiago stava per andare in scena la più incredibile delle sorprese. Ma poi Amarildo, Zito (un altro protagonista di quella finale morto proprio qualche settimana fa) e Vavà rimisero le cose a posto per il Brasile e la Cecoslovacchia si dovette accontentare di uno storico piazzamento.

L'impresa proiettò comunque Masopust tra le stelle del calcio europeo, tanto che alla fine di quell'anno gli venne riconosciuto il Pallone d'oro, premio andato in seguito solo a un altro calciatore ceco, Pavel Nedved, ben 41 anni più tardi.

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