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Balo balla tra due ct: «Prandelli fai l'uomo comprendo Conte»

SuperMario a muso duro con l'ex tecnico azzurro E fa autocritica sulle esclusioni dal nuovo corso

Londra Si è sentito criticato ingiustamente. «Ho avuto due, al massimo tre, occasioni in tutto il mondiale». Attaccato a tradimento. «Gli uomini veri si dicono le cose in faccia». Un capro espiatorio. «Non potevo fare di più». Incompreso. «I bambini mi amano ancora e non mentono». Un unico istante d'autocritica. “Non sto facendo abbastanza”. Per giustificare la bocciatura di Conte. «Capisco perché non mi chiama». Ha aspettato 114 giorni. In silenzio. Isolandosi. Lasciando l'Italia per tornare in Premier League. Deluso e amareggiato. Forse anche ferito, ma non lo può ammettere. Glielo impedisce quell'orgoglio da duro che inibisce anche il più scontato esame di coscienza. Pochi istanti dopo la sconfitta contro l'Uruguay, che sanciva la fine del mondiale italiano, Cesare Prandelli lo aveva invitato ad uscire da quel maledetto mondo virtuale di autoreferenzialità.

A distanza di quattro mesi Mario Balotelli non si concede rimorsi e/o rimpianti, rivendica il suo amore per la maglia azzurra, e replica all'ex ct a muso duro. Quello degli «uomini veri». «Devo essere onesto: sono rimasto molto male per le critiche ricevute dopo la Coppa del Mondo – le parole di Mario al magazine inglese Sport -. Anche Prandelli lo ha fatto. Non mi aspettavo che mi criticasse davanti ai giornalisti. Non ho risposto perché non ha senso. Penso che gli uomini veri, quando hanno qualcosa da dirsi, se lo dicono in faccia. Io sono una persona diretta». Sottinteso, Prandelli non lo è. Eppure era stato proprio l'ex ct a convocarlo sempre, anche quando il suo rendimento con la maglia del Milan non entusiasmava. Come è successo in Brasile. Una spedizione vissuta nella mediocrità generale. «Penso di avere avuto due, al massimo tre, occasioni in tutto il mondiale. Tutti sanno che ho segnato contro l'Inghilterra ma non avrei potuto fare molto di più. Io amo l'Italia e nessuno può dire nulla di male sul mio attaccamento alla nazionale. L'amerò sempre».

Dichiarazione quasi d'obbligo per chi nel frattempo è finito ai margini. Nelle prime uscite della nuova Italia Antonio Conte lo ha vistosamente ignorato, preferendogli altri attaccanti. Tra i vari, persino Graziano Pellè, che come Balotelli gioca in Premier League. Un accantonamento (momentaneo) che Mario non solo accetta ma persino giura di condividere. «Capisco le ragioni per cui in questo momento non sono in nazionale. Non sto segnando mentre altri attaccanti, come Pellè, hanno già fatto diversi gol, dunque meritano di essere chiamati». In attesa di tempi migliori («devo dare di più, imparare a stare più in area anche se preferisco svariare per il campo, per me il calcio è libertà»), Balotelli si consola nell'affetto dei suoi cani (Tyson e Lucky), alleati obbedienti, e fedeli. Come i suoi tifosi più giovani: «I bambini continuano a volermi molto bene e allora penso che nonostante gli errori, non ho fatto così male. I bambini sono spontanei, onesti. E se non piaci loro, non vengono da te. Quando non mi chiederanno più una foto o un autografo, comincerò a farmi delle domande».

Fino ad allora, dunque, non ci sarà spazio per ripensamenti di sorta. Inevitabile per chi pensa-parla e si lamenta in terza persona. «È una vergogna che i tabloid inglesi cerchino sempre di dare una brutta immagine di Mario. Sono tutte bugie, sto sempre a casa, vivo in campagna e sono concentrato solo sul calcio». All'inseguimento del primo gol in campionato. «La mia assoluta priorità». Per poi allargare le ambizioni. «Non mi alleno per arrivare tra le prime quattro, ma per vincere il campionato».

Come gli capitava quando in squadra aveva compagni come (Zlatan) Ibrahimovic e (Luis) Figo, «i migliori con cui ho giocato assieme ad (Andrea) Pirlo».

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