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Il basket italiano vuol far fuori gli italiani

Incredibile proposta della lega: tutti stranieri. E una luxury tax per lavarsi la coscienza...

Il basket italiano vuol far fuori gli italiani

Sotto la cenere delle molte sconfitte internazionali del basket italiano la brace dell'incomunicabilità. Lega e Federazione stanno per venire alle mani perché se da una parte, quella federale, si chiede più spazio per i giocatori italiani, dall'altra, si è arrivati alla proposta indecente. Dateci spazio, più stranieri, se vi servono soldi, chi prenderà un giocatore da fuori pagherà la tassa del lusso. Con quei quattrini potrete aiutare le società virtuose che resistono sul Piave e credono che si possa ancora salvare la scuola italiana.

Vero che non tutti in Lega la pensano alla stessa maniera. Alcuni soltanto per povertà, pochissimi perché sono stati capaci di ascoltare il grido di dolore del presidente federale dopo gli ultimi disastri di una Nazionale finita in seconda fascia, lontano dalle medaglie che contano ormai dalle Olimpiadi del 2004. Gianni Petrucci dopo aver respinto la luxury tax, la proposta della Lega sperava che ci fosse un ripensamento. Niente. Allora ha chiesto aiuto a Malagò, al Coni, per poter mandare avanti un progetto insieme a Boscia Tanjevic, nel tentativo di rimediare prima di arrivare al naufragio totale come il calcio, anche se il basket questo abisso lo ha già frequentato, visto che non partecipa alle Olimpiadi da tre edizioni.

Addolora il silenzio generale, anche se molti avevano già parlato di proposta indecente, ma chi porta avanti il progetto per avere squadre con 12 stranieri si fida della teoria di quel pensatore americano: la borsa pesante fa diventare il cuore leggero. Una volta avevamo stranieri di prima scelta, adesso, a parte Milano, sono pochissime le società che possono ingaggiare giocatori di qualità perché altri paesi hanno più quattrini e possono permettersi il meglio. A parte Spagna, Turchia e Grecia ci sono nazioni, cominciando da Russia e Germania, che hanno società con un buon portafoglio, per cui da noi non arrivano certo i più forti. Il brivido viene guardando i quintetti base delle prime in classifica dove sembra che non ci sia comunque tanto spazio per gli italiani, colpa loro, colpa di tutti, ma la realtà è che anche rinforzati da moltissimi stranieri facciamo comunque fatica a farci notare. Nelle coppe europee il bilancio delle 8 squadre italiane (Milano, Venezia, Sassari, Trento, Capo d'Orlando, Torino, Avellino, Reggio Emilia) è di un risicatissimo 45 per cento di vittorie, ottavo posto europeo.

Sì, è vero, la capolista Brescia, la più bella delle sorprese, ha una forte anima italiana, ma vedremo come arriverà alla fine. Le altre cinque al comando sono prigioniere dei loro stranieri, alcuni di qualità, ma non la maggioranza. Quella che può fare e disfare, al momento, è proprio Milano, ma i suoi italiani, tutti nel giro della Nazionale, da Cinciarini ad Abass, per finire a Pascolo e Cusin, fanno i gregari.

Per rifondare tutto era stato chiesto alle società un patto fra gentiluomini per aprire gli spazi ai giocatori della nostra scuola che vanta ottimi allenatori. Il problema è che adesso si fa una grande fatica a trovarli questi gentiluomini e la proposta indecente diventa ancora più irritante perché questa tassa sul lusso, questi soldi da distribuire alle società con vivai virtuosi, sbatte sul muro dell'incomunicabilità. Se i più ricchi potranno avere anche 12 stranieri, dopo la Bosman la legge europea garantisce lavoro a tutti anche nello sport, non importa la nazionalità, qualcuno riuscirà a spiegarci dove troveranno un posto nelle squadre importanti i migliori prodotti di questo vivaio? Certo dipende anche dai giocatori, dalla loro voglia di migliorare, allenarsi. Le società sono aziende, molte fanno fatica a tirare avanti, ma creare uno squilibrio tecnico non può fare del bene a nessuno. Il campionato diventerebbe come quello di rugby, senza le due franchigie più ricche come Benetton e Zebre, per i tornei internazionali, con perdita secca nei confronti dei pochi sponsor che ancora sostengono il nostro basket.

Triste verità.

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